Ormai le notizie di cronaca irrompono nella nostra vita con la velocità di un flash. Finito il tempo in cui bisognava - in sequenza nell'ordine di apparizione sulla scena dei media - leggere il giornale, ascoltare la radio e vedere la televisione. Oggi un giornalismo, ormai anche senza i giornalisti, arriva sotto forma di un tweet. Leggi la notizia e segui gli aggiornamenti, sino ad un assestamento dei fatti descritti. Così ieri, all'ora di pranzo, è arrivata la breve: ritrovato un corpo senza vita ad Arpuilles, collina di Aosta, vicino alle vigne dell'Institut agricole. Notizia di routine, che invece diventa importante per una serie di antefatti e di circostanze. Infatti, si è trattato del triste ritrovamento del cadavere di Christiane Seganfreddo, l'insegnante aostana di 43 anni scomparsa di casa il 30 dicembre dello scorso anno. Non penso di averla mai conosciuta, ma, nel piccolo mondo valdostano, ho chi me l'aveva descritta come una persona in gamba e sorridente. E così la immagino, guardando in queste ore le fotografie che la ritraggono. Mi fa sempre impressione pensare come le nostre disgrazie, oggi nella società dell'informazione, si colleghino alle foto che mettiamo sui social media o che, più tradizionalmente, vengono date dai nostri cari. Questo della sparizione era in partenza un caso come molti, ma con una rivelazione di qualche giorno dopo che è risultata molto umana e commovente: la donna era in difficoltà per la scoperta di una grave malattia agli occhi, che avrebbe potuto, in tempo breve, renderla cieca. E il fatto le appariva, così era stato descritto, come opprimente. La ricerca, con grande spiegamento di uomini e mezzi, non aveva dato frutti (questo in parte ora stupisce) e così la scomparsa è stata fertile di scenari di vario tipo e anche di sospetti sgradevoli. Il giornalismo spettacolo, come il format investigativo "Chi l'ha visto?". Una trasmissione che campa su storie simili e lo dico come constatazione e senza falsi moralismi, ma ricordando quella frase di Cesare Pavese nel suo addio: «Non fate troppi pettegolezzi». Così è stato montato un "caso": si è parlato di fuga per curasi, ci sono stati avvistamenti della scomparsa, qualcuno pensava a un suicidio o persino a un possibile delitto. Tutto un campionario, fattosi eccessivo e imbarazzante. Poi, alla vigilia di una veglia (ora diventata un ricordo) nella piazza principale di Aosta per mantenere viva l'attenzione, organizzata da parenti e amici, con un doloroso e casuale tempismo la donna è stata rinvenuta e riconosciuta. Ora, conclusi gli accertamenti di rito, che dovrebbero svelare le ragioni della morte, credo che la famiglia abbia il diritto alla tranquillità e al rispetto, dopo il troppo clamore e vociare. Immagino quanto queste settimane siano state difficili, anche per lo stillicidio di notizie che hanno in qualche modo alimentato la speranza che Christiane potesse essere ancora in vita, purtroppo svanita con il ritrovamento di ieri. Dunque - per chi dovrà occuparsi delle notizie, a chiusura della vicenda - valga almeno il rispetto, non essendo malauguratamente immaginabile il silenzio, come le circostanze richiederebbero.