Mi sono goduto alcune ore in montagna, profittando della rara alta pressione in questi mesi, per cui è normale che - ricaricate le batterie, come solo l'alta montagna può fare - ne tragga ispirazione. Confesso subito che non sarò originale, ma uso lo spazio quotidiano per dire quanto mi faccia soffrire che ormai lo sci "primaverile" (uso le virgolette, perché c'è compresa la coda dell'inverno) non sia più il must di un tempo. E pensare che, in suo favore, ci sono molti argomenti per un plaidoyer in piena regola, specie in un anno nevoso come quello che ha baciato quest'anno la Valle d'Aosta. Ma su questo conta la fortuna e personalmente mi sono divertito anche in anni avari di precipitazioni, quando si sciava alla caccia di qualunque angolo innevato, mentre si profilava la bella stagione con le giornate finalmente allungate. Un binomio che non è una contraddizione. E invece, si sa ormai che lo sci, quando il sole inizia a scaldare con quel bronzage che non ha eguali ed è un vanto da sfoggiare, i turisti scelgono altre mete. Per questo le stazioni sciistiche chiudono presto, in molte già a fine marzo, tarando questa fine stagione coi contratti per lavoratori stagionali e di approvvigionamento dell'energia elettrica, anche quando ci potrebbero essere delle "code" di apertura per le condizioni della neve. E' questo uno dei campanelli d'allarme da far suonare al capezzale del turismo della montagna. Già quest'inverno mi pare confermato da una constatazione di fondo: il crescente calo della clientela italiana sulle Alpi. Con un'aggiunta che chi di dovere dovrebbe approfondire, vale a dire la crisi delle "settimane bianche" sul mercato italiano e forse non è solo la crisi economica, che pure pesa, ma anche un cambio dei gusti e delle scelte. Più vacanze "mordi e fuggi", con mete diverse anche grazie agli aerei low cost, che svuotano sempre più tradizioni e costumi su cui parte degli operatori turistici si erano tarati. Questo colpisce moltissimo chi, anche nel turismo valdostano, ha un approccio conservatore e si spaventa di novità che cambiano con una velocità impressionante. Ed invece bisogna essere rapidi a cambiare, come dei camaleonti, seguendo una clientela che segue mode e flussi un tempo impensabili. Proprio la velocità di reazione fa la differenza e si deve tenere conto del diminuire dell'intervento pubblico, che distribuendo soldi si arrogava il diritto - e ciò non sorprende - di dettare la linea. Ora che la regia scricchiola, pure per una totale assenza di "vision", è ora che gli imprenditori assumano la regia, certo non attraverso cadaveri burocratici come la locale "Chambre de Commerce", ma con forme di discussione e condivisione che permettano di agire presto e bene. Lo sci primaverile - una delle nicchie dolenti - potrebbe essere un'opportunità.