Chiedo venia al capo della redazione de "La Stampa" di Aosta, Stefano Sergi, se rubo un pezzo intero del suo articolo su questo caso tragicomico, che ci ha messo alla berlina in tutta Italia.
Ecco i fatti: "l'Arpa, l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, ha pubblicato un avviso di selezione per "il conferimento di incarichi di collaborazione a titolo gratuito per l’espletamento di attività di fundraising", ossia di ricerca di finanziamenti per l'ente stesso. Il termine per presentare le domande scade oggi a mezzogiorno, anche se difficilmente ci sarà la corsa a portare i curriculum perché l'agenzia regionale, oltre a sottolineare il fatto che non vuole sborsare neppure un euro per ricompensare il lavoro svolto, specifica che "nessun compenso sarà erogato neppure sotto forma di rimborso spese". E non è che si accontenti di candidati qualunque, per la selezione: i requisiti per l'ammissione prevedono la laurea magistrale in discipline tecnico-scientifiche o politiche ed economico-gestionali".
Già qui siamo di fronte ad una stranezza degna di una tesi in Diritto del lavoro, ma il compilatore di questa quintessenza del precariato ha aggiunto anche una serie di addendi, che così sintetizza Sergi: "non solo: l'Arpa ti dà il lavoro gratis soltanto se hai avuto un po' di esperienze formative e gestionali, come recita il bando: "partecipazione e gestione di progetti nazionali e/o internazionali di ricerca, di cooperazione e di formazione inerenti problematiche ambientali con particolare riferimento ai temi di competenza dell'agenzia", cioè qualità dell'aria, amianto, energia, radioattività, inquinamento, effetti dei cambiamenti climatici. Il candidato, se vuole sperare di ottenere il posto non pagato, deve anche "dettagliare l'oggetto e il programma di riferimento di corsi, seminari, workshop e progetti, enti coinvolti, periodo dell'attività e ruolo e funzione svolti". E non è finita: "puoi lavorare gratis se dimostri anche una conoscenza della lingua francese e della lingua inglese. E i compiti assegnati dall'Arpa? Semplici: "Rassegna ragionata delle modalità usuali di finanziamento della ricerca, cooperazione e formazione scientifica applicate ai temi ambientali", "definizione di un piano di relazioni e networking con enti, università e centri di ricerca nazionali e internazionali", "supporto all'eventuale presentazione di specifici progetti per il finanziamento e l'avvio di iniziative di ricerca" eccetera eccetera. Il tutto condito, al termine dell'incarico, da "un rapporto tecnico" sempre a cura del collaboratore-missionario".
Missionario, ben detto, perché di questo si tratta e siamo sul filo sottile, a mio modesto avviso, della legittimità. Chiedi personale specializzato, lo metti di fronte a problemi aziendali importanti, ne selezioni meriti e capacità e poi non lo paghi neppure con un panino al salame e un caffè? Se non fosse una cosa seria, il "bando" dovrebbe essere seppellito dalle risate e spero che non mi si dica che si trattava di "un'invenzione "illuminata" in epoca di crisi, visto che i poveracci - almeno così pare - non otterrebbero nessun lasciapassare per il futuro e neanche una medaglia di latta per il loro lavoro. Per quanto i temi indicati - penso ai citati fondi comunitari - come campo d'azione siano di gran peso.
Una brutta pagina, questa storia, che dimostra come gli enti strumentali finiscano per essere peggio del tanto vituperato Pubblico. I chiarimenti dell'Arpa di ieri, dopo la generale alzata di scudi, sono un caso di scuola di quando è "peggio il taccone del buco". Non si può parlare di una specie di "non lavoro" (si precisa: "su base volontaria", come se fosse un'esimente), perché non se ne capisce il senso. Sarebbe bastato dire: «ci siamo sbagliati».
Il lavoro non può essere volontariato. Segnalo a questo proposito la famosa campagna sui lavori creativi (nota come "#coglioneno"), che appare ora profetica, se estesa anche a lavori giuridico-amministrativi.