Come tutti gli iscritti ad un Ordine professionale - il mio è quello dei giornalisti e mi conforta poco essere ormai fra i più anziani come data di iscrizione - ho cominciato i "corsi" per i crediti formativi. Ne ho fatto uno on line, dimostratosi del tutto nozionistico, sulla deontologia professionale, con prove finali degne di "Rischiatutto". Ne ho fatto poi un secondo dal vivo sui reati via Web realizzato dalla Polizia postale assai interessante, ora mi accingo a scoprire i segreti dell'informazione d'emergenza. Utilità reale nel lavoro? Dal punto di vista della Formazione con la "f" maiuscola non molto. Non lo dico in polemica con nessuno e farò in modo ligio il mio dovere, perché qui il problema - con si diceva una volta - è a monte e riguarda il legislatore e non chi debba affannarsi nel dare contenuto a scelte calate come una scure dall'alto. Giorni fa, sul "Corriere della Sera", ha spiegato l’origine di questa "febbre" dei crediti formativi il noto giornalista Sergio Rizzo, alla ricerca, anzitutto dell'origine di questa febbre: «Proprio vero: tutto parte dalla scuola. Nel bene come nel male. Compresa questa insensata febbre dei crediti che ha investito ormai l'intera società. La maturità di uno studente di scuola media superiore non si misura con i voti, ma con i crediti. Per uscire dal liceo ne servono almeno sessanta. Una parte di essi si porta in dote all'esame già dalla normale attività scolastica. Ma si possono accumulare anche con un torneo di pallavolo, un corso di teatro, un'attività di volontariato. Tutto ovviamente certificato. Passi che in qualche caso una bella schiacciata certificata può essere determinante per la promozione. Mens sana in corpore sano: non lo sostenevano forse gli antichi? Ma se nella scuola media quei crediti speciali possono rivelarsi un aiutino fondamentale, nell'università sono stati soprattutto una manna per i professori. E' grazie al passaggio al meccanismo dei crediti che si sono moltiplicati a dismisura gli insegnamenti, gli esami, i libri di testo, i professori a contratto. Aprendo così la strada a piccoli e grandi favoritismi, senza peraltro migliorare la qualità degli atenei. Anzi». Con la solita verve, il giornalista illustra poi una serie di esempi poco edificanti, Poi viene alla sua professione: «La persecuzione del crediti, però, non è cessata affatto. E da facoltativa che era è diventata obbligatoria. Ci ha pensato un provvedimento assurdo che con la motivazione della formazione continua ha imposto ai giornalisti a partire dal 2014 di racimolare sessanta crediti per ogni triennio. Motivazione forse serie, applicazione molto meno. La dimostrazione? I crediti si possono accumulare fra l'altro, dice il regolamento dell'Ordine, con "l'insegnamento di discipline riguardanti la professione giornalistica" e con la frequenza di corsi, seminari e master "anche in qualità di relatore". Per capirci, incassa i crediti tanto il formato quanto il formatore. Non è uno scherzo. E sapete che cosa succede a chi non riesce a raggiungere la fatidica quota sessanta? "Il mancato assolvimento dell'obbligo è ostativo all'attribuzione di incarichi a qualsiasi titolo deliberati dal Consiglio nazionale". Si potrebbe dunque rinunciare alla gara dei crediti senza troppi rimpianti. Ma non siamo così ingenui da ignorare i riflessi che il nuovo business della formazione giornalistica potrà far sorgere. Come del resto è già avvenuto per altre professioni sottoposte per legge ad analogo obbligo. Talvolta a prezzi davvero stracciati. Un esempio? Per cento euro l'Associazione italiana avvocati garantisce venticinque crediti formativi. L'annuncio si trova su Internet». Dunque, chi adempie rischia di sentirsi un fesso, rispetto a chi non lo fa, con la minaccia di una sanzione, che è come il solletico. Intendiamoci in conclusione per evitare equivoci: la formazione permanente nelle professioni è una questione serissima. Penso a chi come me operi in radio ed in televisione e abbia visto, nel breve volgere di pochi anni, una vera e propria rivoluzione tecnologica e contenutistica nel proprio mestiere. E si trova sempre costretto ad un inseguimento delle novità per evitare di restare arrugginito come una vecchia armatura. Invece, basta un giretto su come Ordine nazionale ed Ordini regionali hanno organizzato la "caccia ai crediti" per ricavare l'amara impressione che questa imposizione all'italiana risulti una specie di scocciatura da risolvere come una pratica burocratica. Come diceva Eduardo De Filippo: «gli esami non finiscono mai...».