Fa impressione constatare che, con la "Leopolda" di Matteo Renzi a Firenze e con la contemporanea manifestazione della "Cgil" a Roma, la Sinistra italiana confermi di poter essere partito di lotta nelle piazze e di Governo nei palazzi del potere. Una situazione che ricorda la scultura del "Giano Bifronte", di cui è bene ricordare la figura mitologica. Così ne ha scritto, su "Lettera43", Cettina La Fata: "Antica divinità italica e romana, il primo dio romano che, secondo la mitologia classica, giunto a Roma via mare dalla Tessaglia, nonché la principale divinità del Pantheon. Tale divinità all'interno della società romana aveva un enorme importanza, sia nella sfera pubblica che in quella religiosa romana. Egli era il custode di ogni forma di mutamento, e il protettore di tutto ciò che concerne una fine e un nuovo inizio". Ma ecco il passaggio più importante: "Dal punto di vista iconografico, Giano viene rappresentato come una divinità bicefala, una caratteristica che lo accomuna alle divinità indiane del periodo pre-vedico, rappresentato quindi con una testa e due volti, due volti simili ed entrambi barbuti, di aspetto sereno, che secondo la leggenda consentono al dio di vedere il futuro e il passato". Questi due volti della Sinistra potrebbero essere facilmente oggetto di una semplificazione da vulgata popolare o da manipolazione mediatica: Renzi è il nuovo e la "Cgil" il vecchio. Per molti versi ci sta, sia per la giovane età del premier per ricoprire questa sua carica e con lui c'è una nidiata di giovani avvezzi alla società in cui politica e spettacolo (ma anche parte del business, come si vede da certe norme) si fondono sia perché, dall'altra, c'è un sindacato gerontocratico che non riesce più a essere interlocutore politico e rappresentativo del mondo del lavoro. Eppure, per chi si considera progressista in chiave federalista, questi due volti così schematizzati e senza sfumature non convincono affatto. Scrivevo, giorni fa, di come ognuno di noi acquisisce a pieno il senso di esistere, qui ed oggi, se conta su delle radici consapevoli e salde. Ogni rivoluzione è fallita, forse con l'eccezione della rivoluzione americana, proprio per il "nuovismo" senza identità e senza memoria. Pensiamo alla rivoluzione culturale cinese e alla sua cieca violenza distruttiva. Ecco perché l'ideologia del "nuovismo" (il termine "rivoluzione" è nel lessico renziano) funziona se si tratta di un ponte fra passato e futuro. Nel caso della "vecchia" società italiana questo significa, anzitutto, un patto fra generazioni e mettere assieme "tradition et renouveau". Sapendo che ci sono vecchi giovanissimi e giovani vecchissimi: non è solo un fatto anagrafico. E di certo è sempre dall'incontro fra l'energia vitale e le esperienze della vita che può sortire il meglio. Questo in Valle d'Aosta ha un suo perché in più. Siamo una comunità che invecchia e molti giovani che qui crescono, per origine familiare, non conoscono le ragioni dell'autonomia e bisogna renderli compartecipi di un progetto futuro per la Valle d'Aosta. Non è semplice, perché si tratta di un coinvolgimento che prevede integrazione, però nel rispetto di ogni elemento di novità che risulta essenziale, perché non vi è nulla di congelato nel tempo che sia davvero fresco. Da questo emergerà la Valle d'Aosta che verrà ed è bene pensarci. Il giorno per giorno, navigando a vista, è logorante e infruttuoso.