Ho sempre avuto ammirazione per i protagonisti del commercio ambulante. Quando mi capita, dovunque io sia, amo girare per i mercati all'aperto e nei mercati al coperto, tipo la "Boqueria" di Barcellona, perla dell'alimentare. Tra l'altro la parola "mercato", di formazione latina di origine indoeuropea, ha avuto gran fortuna, partendo da "mercātu(m) - commercio, traffico; fiera, mercato", derivato di "mercāri - comprare, commerciare". Lo si trova poi nel francese "marché", nello spagnolo e portoghese "mercado", ma vi è anche la pista che dall'alto tedesco "markāt" porta pure al tedesco "markt" e all'inglese "market". Che sia un luogo esotico o i banchi nella piazza del proprio paese è interessante vedere i prodotti esposti, perché sono un segno evidente di gusti e tendenze. Ho capito di più di certi popoli curiosando in giro per i mercati che su ponderosi trattati sociologici. Esiste qualcosa di molto attrattivo in questo assembramento, che sembra aver resistito più del commercio stanziale agli assalti della grande distribuzione, come se esistesse una componente atavica che fa la differenza. Anzi noto come come ci sia la tendenza in certa grande distribuzione di imitare nelle loro superfici la presenza di mercatini, specie per prodotti del territorio, compresa la vendita diretta da parte dei produttori agricoli.
In un periodo storico in cui la parola "mercato" cela spessa spesso gli eccessi del liberismo esacerbato e dunque diventa una parolaccia, espressioni come "piazza del mercato" e "giorno del mercato" hanno una dimensione sociale evidente se, oltretutto, si guarda non solo agli espositori che spesso degli autentici personaggi della vendita, ma anche al mondo variegato dei consumatori. Attività da un etnografo che voglia guardare a cosa capiti sotto casa e non solo nella lontana foresta amazzonica. Per questo mi incuriosirebbe capire qualcosa di più dei camion di frutta e verdura che si posizionano ormai da tempo lungo la statale 26 della Valle d'Aosta su piazzole lungo la strada, specie con vendite di arance. Pensavo che l'Anas non consentisse questo smercio, ormai pressoché stanziale e mi domando anche se dal punto di vista igienico-sanitario esistano o meno controindicazioni per prodotti alimentari a due passi da strade assai trafficate. Mi pare che l'associazione di categoria dei commercianti taccia sul punto e mi pare che lo stesso facciano le associazioni dei consumatori. Per cui si tratta, forse, di timori infondati, anche se mi resta la curiosità di capire chi siano i gestori di questo business di importazione di prodotti ortofrutticoli. Sarà che il mercato della frutta e della verdura è quello che da sempre mi ha sempre più colpito. Nella mia infanzia c'era il grande mercato all'ingrosso di Oneglia ad Imperia con colori e profumi e il mercanteggiamento rumoroso in dialetto ligure nel passaggio dei prodotti. Per non dire di certi mercatini visti in Brasile o in Africa, dove la vita pulsa attraverso i prodotti di quella terra, spesso del tutto inconsueti per i nostri palati. Ma lo stesso stupore vale per certi prodotti dell'orto visti nel sud d'Italia con il sole dentro e con sapori impagabili, come le cipolle di Tropea. Mentre ci penso, potenza della mente e della memoria, sento certi gusti direttamente rievocati sul palato.