Mi è capitato in queste ore di passare un pochino di tempo a "Disneyland Paris", precedentemente chiamato "Euro Disney Resort", poi "Euro Disneyland Paris" e infine "Disneyland Resort Paris". Segno già di una serie di tribolazioni mica da ridere per questo grande parco di divertimenti, situato a 32 chilometri ad est di Parigi, formato da due parchi a tema Disney, "Disneyland park" e "Walt Disney Studios", ed altre strutture connesse. Ci ero andato da single per la prima volta, appena aperto, credo nel 1993, ora ci sono tornato per par condicio per il piccolo Alexis, visto che portai da bambini suo fratello e sua sorella e pure i miei genitori. Mio padre ormai anziano trovò più interessante decollo ed atterraggio da Aosta, nei tempi in cui si volava per e da Parigi, prima che si buttasse via - come si è deciso di recente con furore iconoclasta - l'aeroporto "Corrado Gex".
Il parco parigino fu inaugurato nel 1992 ed è risultata una macchina sinora non molto redditizia. Oggi il 39,781 per cento delle azioni è nelle mani di "The Walt Disney Company", il dieci per cento è detenuto dal principe saudita Al-Walid ed altri azionisti dispongono del cinquanta per cento, ma la "Disney" sta rastrellando le azioni per diventare proprietaria unica. Evidentemente credono nelle sue potenzialità, per quanto - diciamo la verità - la scelta dei luoghi, Marne-La-Vallée, per la costruzione, con un meteo capriccioso e rischio di freddo tutto l'anno, è stata piuttosto disgraziata. C'è chi forse avrà rimpianto di aver scartato il sud della Francia e gli altri due siti possibili in Spagna (l'Italia fu scartata a priori per la scarsa credibilità di tempi certi). Si preferì alla fine Parigi per la sua centralità rispetto all'Europa e la qualità dei trasporti già disponibili. Nulla a che fare, per altro, con il bel tempo piuttosto garantito nel primo parco "Disney" nato in California nel 1955 e a quello della Florida nel 1971, che ho visitato lo scorso anno, trovandolo enormemente più grande ed efficiente di quello europeo. Ma la differenza non è solo nel gigantismo e nell'uso delle nuove tecnologie (puoi prenotare tutto via Internet e giri con un braccialetto digitale con cui vieni identificato e paghi), ma direi nello spirito che aleggia e che crea un'allegria, che sarà pure artificiale, ma è contagioso. A Parigi il personale ha quasi sempre il muso lungo, gli americani, anche se lo faranno in parte per contratto, sorridono e compartecipano alla vendita di un sogno (e certo di un prodotto). A Parigi ci sono famiglie, in Florida tanti vecchietti - spesso in giro sulle carrozzine motorizzate - sia perché vanno forse alla ricerca dei loro ricordi sia perché "Disneyland" è comunque un'attrattiva, concentrato di un un mondo tra il ricostruito e l'immaginario. A Parigi poi stanno per venire alcuni nodi al pettine, perché entro il 2017, ad "Euro Disney", alle condizioni indicate nel contratto stipulato con il governo francese, è prevista la costruzione di un totale di 18.200 camere d'albergo a varie distanze dal resort ed una nuova area di divertimento, shopping e ristorazione. Chissà se avverrà, visto che i parchi esistenti stentano a mantenere il ritmo della manutenzione e la qualità dei servizi arranca per gli evidenti tagli ai costi, avvolti spesso da macchinosi meccanismi cartacei di controllo, che danno il senso che in passato ci siano state situazioni a colabrodo. Non sto a lamentarmi nel dettaglio, ma è sicuro che rispetto al passato c'è da restare male, ma i bimbi stanno bene lo stesso. Ed è l'unica cosa che conta, trasferendosi poi in modo benefico su noi adulti, che "assorbiamo" parte del loro buonumore e del loro stupore.