Centocinquant'anni anni sono, nello scorrere della Storia, un battito di ciglia, ma ne possiamo misurare bene la distanza quando esiste ancora una relativa vicinanza, che ci rende ancora vicini certi eventi. Rievochiamo di questi tempi le vicende della scalata del Cervino, la montagna icona per eccellenza delle Alpi e dell'alpinismo, soprattutto grazie alla singolarità della sua forma. Lo farà - lo dico per inciso - anche "RaiVd'A" nella sua programmazione televisiva con una settimana "tout Cérvin", che penso risulterà interessante. Trovo una bella sintesi della storia dell'impresa del luglio 1865 grazie alla penna e alla cultura di Alexis Bétemps, che la inquadra nel nascente nazionalismo italiano, dopo l'Unità d'Italia.
"Dopo vent'anni d'alpinismo sportivo, le cime da violare non erano più molto numerose e una dopo l'altra sembravano arrendersi agli Inglesi. Nel 1865, nelle Alpi, la sola vetta importante ancora da conquistare era il Cervino. Non bisognava lasciarsela sfuggire. Già da qualche anno, uno dei maggiori alpinisti della sua generazione, l'inglese Edward Whymper, si aggira intorno a questa montagna maestosa e simbolica. La conquista del Cervino diventa allora una priorità urgente del "Cai - Club alpino italiano", la nuova associazione italiana ed i suoi membri si organizzano per questo. I giovani alpinisti piemontesi, nuovi carbonari, con alla testa Quintino Sella, ordiranno, come la definirà Guido Rey nel suo stile patriottico e ampolloso, una congiura per conquistare il Cervino. Contattato nel 1863 dal politico e scrittore di successo Giuseppe Torelli, Jean-Antoine Carrel si reca a Biella per incontrare Sella che intende conoscerlo. L'anno successivo, il futuro ministro incarica l'amico Felice Giordano, valente geologo e buon alpinista, dell'organizzazione della spedizione. Da quel momento in poi, quest'ultimo trascorre il suo tempo tra Zermatt, il Breuil e Pâquier, per fare una ricognizione dei siti, conoscere le persone e informarsi su tutto ciò che potrà essere utile all'impresa. L'assalto alla "Gran Becca" è previsto per il 1865". Mi piace rilevare una curiosità: Sottoprefetto di Aosta era all'epoca della scalata il mio bisnonno Paolo Caveri, il cui destino incrocia di nuovo quel Quintino Sella, ministro delle finanze in carica, che aveva chiesto e ottenuto dal ministro dell'interno il suo trasferimento perché si era "intromesso" nella vertenza fra operai e industriali tessili in occasione dello sciopero del 1862. Prima finì "in punizione" ad Albenga e poi giunse ad Aosta ed incrociò di nuovo il suo potente "nemico", grande sponsor della prima salita alla Gran Becca. Sono certo, anche se non ho purtroppo documenti ma magari qualcuno ne ha visti, che Paolo Caveri conobbe - dal suo ruolo di massimo rappresentante in Valle del Regno d'Italia - tutti i protagonisti, compreso il grande Jean-Antoine Carrel. Così ricorda Bétemps: "Arrivato in cima al Cervino, pianta la bandiera italiana che gli è stata affidata, si ferma giusto il tempo necessario e riscende a festeggiare con i suoi compatrioti i quali, per l'occasione, come si faceva all'epoca nei giorni di festa, accendono fiaccole sui versanti intorno al Breuil. Jean-Antoine farà la guida per tutta la vita, salirà sulla cima del Cervino più di cinquanta volte, con semplici clienti o alpinisti illustri, tra i quali Whymper; farà l'ascensione di montagne lontane in altri continenti e morirà affaticato al rientro di una difficile ascensione al Cervino, dopo avere messo in sicurezza il suo cliente, il grande musicista torinese, di origine ebraica, Leone Sinigaglia". Storie straordinarie di epoche lontane, di cui bisogna avere memoria e di cui bisognerebbe - in questi tempi grigi per l'onore della Valle d'Aosta - essere degni.