Se avessi avuto il telefono di Nichi Vendola, che ho conosciuto quando eravamo in Parlamento e poi ritrovato nei diversi ruoli istituzionali vissuti parallelamente (tra l'altro siamo coetanei), una telefonata di augurio per la nascita del bimbo l'avrei fatta volentieri. Prima di scavare dentro gli avvenimenti, su cui è legittimo avere posizione diverse, deve sempre e prima di tutto esistere il reciproco rispetto umano e la considerazione dei sentimenti, come elemento significativo. E Nichi è una persona affabile e molto solare, a dispetto di quel suo eloquio talvolta circonvoluto, che è tanto piaciuto ai comici che gli hanno fatto il verso. Mi era capitato - ricordo nitidamente una volta a Bruxelles al "Comitato delle Regioni" - di parlargli dei miei figli e di vedere in lui una reazione di sincero interesse, per cui non mi sono stupito - pur conoscendo il suo orientamento sessuale, per altro mai nascosto - che per lui il senso della famiglia, specie nel significato assai avvolgente come inteso nel Sud, avesse come componente anche il desiderio di avere un figlio.
Quando lasciò la Presidenza della Regione Puglia, avevo colto questa scelta intimista, di pensare ad una sfera più privata e meno pubblica. Nessuno più di me lo può capire, nel senso che lunghi impegni elettivi finiscono talvolta per farti perdere di vista le cose più importanti, gli affetti veri della propria vita, senza disconoscere quanto di buono e di importante ci sia nel lavoro in politica. Che cosa poi sia capitato è noto: con il suo compagno canadese, Ed Testa, hanno deciso di avere un figlio, Tobia Antonio, nato di recente in California, attraverso la formula della maternità surrogata. Questa circostanza si è incrociata, per sua sfortuna, con la polemica al calor bianco sulla questione delle unioni civili ed in particolare sul tema al centro degli scontri maggiori delle adozioni attraverso la "stepchild adoption", l'adozione del figliastro, alla fine stralciata. Norma che, essendo il compagno di Nichi padre biologico del bimbo, sarebbe stata adoperabile proprio in questo caso. Ma si è incrociata anche con un altro tema, che unisce la Destra ed il mondo femminista dall'altra parte, cioè la questione delicatissima dell'utero in affitto, che comprende l'uso di ovuli "comprati" per la fecondazione e per la successiva gravidanza surrogata. Tema non facilissimo, in cui talvolta stento ad orientarmi, pur essendo in genere assai liberale nelle scelte personali, perché esiste un problema di soldi non solo per la costosità di certe operazioni ma per il do ut des di un vero e proprio commercio che si manifesta e anche di problemi evidenti di personalità del bambino che alla fine rischia di non capire più un tubo sulle proprie origini (e qui si differenzia la problematica fra omosessuali uomini e donne, che possono invece adoperare il proprio corpo per la maternità). Vendola, dopo molto silenzio, si è espresso in termini più umani che politici, a difesa delle proprie scelte, ma è ovvio quanto abbia prestato il fianco ad accuse di vario genere, specie di incoerenza politica rispetto ai rischi che si finisca così facendo per legittimare quei veri e propri "mercati" per garantirsi la nascita di un figlio attraverso diversi strumenti. Quello che più colpisce è davvero questa formula inquietante dell'"utero in affitto". Nel breve volgere di pochi anni, non solo l’evoluzione del costume e del valori collettivi, stanno cambiando molte cose, ma quello che forse più colpisce - e questo vale per temi spaventosi nella loro complessità come la genetica e le biotecnologie - è la difficoltà per il legislatore di inseguire, fissando regole e norme, specie in un mondo globalizzato dove in un Paese si può fare con facilità quello che è impedito nel proprio e perciò troppo spesso la giurisprudenza deve supplire con proprie sentenze ai vuoti normativi, ad esempio nella legge italiana proprio la maternità surrogata è vietata, ma poi ci sono le strade per farlo...