Le logiche dell'"autour de nous" mi hanno sempre incuriosito, nel senso che trovo stimolante approfondire tutti quei rapporti di vicinato, frutto per i valdostani della prossimità geografica, anche e non solo attraverso i collegamenti intervallivi, che hanno creato nel tempo legami di vicinato oggi non sempre intellegibili, compresa la ovvia osmosi fra popolazioni attigue con culture ad intreccio. Oggi possiamo giocare con la triangolazione Savoia, Vallese, Piemonte - nella logica dei rispettivi Stati nazionali - ma un'analisi su una scala millenaria e secolare rende la materia ancora più viva e stimolante e fa capire la caducità delle frontiere attuali. Questo vale anche per i rapporti della Valle d'Aosta con il confinante biellese, restandomi sempre una duplice impressione: la prima è che ci sia molto da scoprire su certi flussi migratori e su interscambi nel tempo e la seconda riguarda le affinità fra due città come Biella e Aosta dalle caratteristiche di un fondovalle che ha però legami forti con le montagne che fanno loro da corona.
Ha già raccontato, entrando nell'intimo di una storia familiare come esempio tangibile, di un curioso legame del mio bisnonno, Paolo "Paul" Caveri, proprio con Biella, dove era stato - arrivando dalla natia Liguria - Sottoprefetto e la sua rimozione venne sollecitata dal celebre Ministro delle Finanze Quintino Sella, con l'accusa di essersi intromesso nella vertenza fra operai e fabbricanti in occasione dello sciopero del 1862 in uno dei lanifici del biellese. Oggi, visto che il politico era anche industriale tessile, si parlerebbe di un conflitto di interesse, ma all'epoca di certo non esisteva una stampa libera che denunciasse cose siffatte. Per altro poi questa linea di "dialogo sindacale" aperta dal mio avo fu poi, pur tardivamente, accettata dallo stesso Sella solo pochi anni dopo. Ma, intanto, il bisnonno, dopo un breve passaggio ad Albenga, arrivò ad Aosta in una logica punitiva, dove - essendo vedovo - si innamorò e sposò la giovane Herminie-Marie-Antoinette De La Pierre, creando il ramo valdostano dei Caveri. Ma Biella torna nella storia familiare a causa di una parentela acquisita attraverso sua nuora, Clémentine Roux, che sposò il figlio aostano di Paul, mio nonno Renè (i suoi due fratelli erano in Liguria, nati dal precedente matrimonio del padre). Infatti quella che credo fosse una cugina di mia nonna, Jeanny Roux, aveva sposato un biellese acquisito, insegnante ad Aosta, Alessandro Roccavilla, che per la sua attività culturale - in ambito etnografico e con l'uso della nascente fotografia - faceva la spola fra la cittadina piemontese (anche se in realtà era nato a Moretta di Cuneo da una famiglia di farmacisti) e quella dov'era arrivato per insegnare. Nel 1911 il giornale "Le Val d'Aoste" diceva di lui con trasporto: "Valdôtain d'adoption, mais plus valdôtain che beaucoup de valdôtains". C'è uno studio su di lui, rinvenibile in Internet, a firma di Dionigi Albera e Chiara Ottaviano, che racconta della vita e delle opere di Alessandro Roccavilla. Si ricorda così che fu sindaco di Sarre (dove di certo stava tutta l'estate in villeggiatura) fra il 1905 e il 1911, che fu politicamente un liberale moderato, ma che il compito amministrativo nel paese era più una conseguenza del suo ruolo di notabile che di altro. La cosa curiosa è che, nel lavoro che Roccavilla svolse - non senza polemiche - per la famosa mostra di etnografia italiana del 1911 a Roma, riprodusse nell'esposizione nella Capitale una casa colonica valdostana, che non era altro che la copia della sua casa di Sarre! Comprensiva della pianta del sindaco (chiamata "una lunga antenna ornata di bandierine"), che in Valle d'Aosta indica ancora oggi in molti Comuni - e per probabile eredità napoleonica - la casa del primo cittadino di un paese. Tutto poi alla fine si riassume nella lapide al cimitero di Sarre: "Prof. Dott. Commendatore Alessandro Roccavilla. Preside del liceo di Biella, alla famiglia, alla scuola e al pubblico bene dedicò il cuore generoso, l'ingegno eletto, la vita operosa. Si addormentò nel Signore il 16 novembre 1929". Aveva 64 anni e sarà sua figlia Rosina, nota per la sua generosità verso i malati e per le sue attività filantropiche, a lasciare in eredità alla chiesa locale la "Villa Roccavilla", costruita dopo la vendita della precedente proprietà, con la precisazione che fosse a vantaggio della gioventù del paese (ma credo che in barba al legato sia poi stata venduta...). Malgrado questo legame storico con Sarre - annotano gli stessi autori della ricerca di cui ho detto - l'oblio ha circondato la figura di Alessandro Roccavilla e della sua famiglia.