Mi è capitato spesso di ricordare l'importanza, come tasso di civiltà, dei diritti civili, classicamente intesi come quei diritti riconosciuti dall'ordinamento giuridico come fondamentali, inviolabili e irrinunciabili (dunque non suscettibili di compressione da parte dello Stato), che assicurano all'individuo la possibilità di realizzare pienamente sé stesso. Il saggio Norberto Bobbio così ammoniva: «I nostri diritti non sono altro che i doveri degli altri nei nostri confronti». E' bene evocarlo anche il 17 maggio, che è la "Giornata internazionale contro l'omofobia", così statuita dal 2004. Proprio il 17 maggio del 1990, infatti, l'Organizzazione mondiale della sanità depennò l'omosessualità dall'elenco delle "malattie mentali" e dunque venne in seguito scelta come data simbolo, che quest'anno viene ricordata anche in Valle d'Aosta più di quanto sia sinora avvenuto, probabilmente per il contesto politico.
Per altro, credo che la Valle sia del tutto in linea con atteggiamenti di grande rispetto e non discriminazione per chi manifesti la sua omosessualità, anche se - come dappertutto - possono talvolta manifestarsi episodi di intolleranza o di semplice stupidità. Ricordo, invece, a supporto delle ragioni di questa giornata che ancora oggi in ben 76 Paesi al mondo (e quindi molti, pensando che gli Stati sono 196) le relazioni consensuali tra persone dello stesso sesso sono reato, ed in sette di questi vengono punite con la pena di morte. Gli islamisti - ultimi arrivati con un loro Stato - li uccidono buttandoli dai palazzi. In molti altri Paesi le persone omosessuali sono vittime di aggressioni o di esclusioni e pure in Italia episodi più o meno gravi si registrano periodicamente. Scriveva intelligentemente Marguerite Yourcenar in un libro postumo: «Il gay, dunque, o "la gay" che si mette in mostra è quasi sempre un personaggio collocato alla punta estrema del gruppo, ed è sulla base di questa presenza vistosa che il pubblico, divertito o irritato, giudica la stragrande maggioranza che resta nell'ombra». Questo significa che accanto a vicende eclatanti (pensiamo ad esempio ai festeggiamenti glamour dei "Gay Pride") esiste invece una quotidianità per molte persone comuni che è fatta di oggettive difficoltà di affermare la propria identità. Credo che siano queste le persone più fragili e potenzialmente più sottoposte al rischio di cadere vittima di fenomeni più o meno forti di omofobia, che andrebbe sempre distinta - laddove possibile - dall'ignoranza e dalla stupidità. Penso, tuttavia, che sarebbe pure sbagliato passare dal livello dei diritti verso una sorta di esaltazione della condizione omosessuale, che non è un oggetto unico e indistinguibile, ma una serie di sfaccettature che la rendono varia come qualunque altra condizione umana, compresa ovviamente l'eterosessualità. Ha scritto in modo sagace e senza buonismo di maniera Michele Serra: «L'omosessualità è sempre esistita ed esisterà sempre, consiste di amore e di vizio, di eros e di moda, di piacere e di colpa, di profondità e di futilità, tanto quanto le altre pulsioni dell'animo e del corpo. Si può diffidarne, si può criticarla, ma solo una violenta e impaurita torsione dello sguardo sulle persone, sulla vita, sull'eros, può arrivare addirittura a scacciare l'amore omosessuale dalla "natura umana"». Insomma non esistono rozze contrapposizione del genere natura e contronatura e non ci sono - nella nostra condizione umana - giudizi da scambiarsi reciprocamente su condizioni che siano da ritenersi migliori l'una dell'altra. Esiste, semmai, la logica cristallina del rispetto reciproco, che è un fatto culturale, ancor prima di evocare la forza e la necessità del Diritto.