Ho sempre avuto una simpatia per il piccolo Comune valdostano di Avise - 317 residenti oggi contro i 643 del 1861 - per una circostanza singolare: ricevevo e leggevo quello che fu dall'inizio degli anni Ottanta il primo bollettino comunale apparso in Valle d'Aosta e fu il fondatore, Arturo Jacquemod, che lo diresse per ventitré anni, ad offrirmi di collaborare con qualche articolo e lo feci con piacere. Emergevano, in un quadro ricco di un approccio culturale assai interessante, anche le cronache più minute della popolazione locale, oltreché il racconto di una trasformazione profonda della società locale e del territorio (macroscopico è oggi l'abbandono in zona dell'agricoltura un tempo sviluppatissima, specie all'adret).
Eppure, tranne qualche visitina nel passato per ragioni varie da Runaz dove c'è quel luogo simbolico che è la "Pierre taillée" (non più raggiungibile per pericolosità del versante roccioso) sino al sovrastante vallone straordinario di Vertosan, del borgo propriamente detto avevo visto i monumenti storici sempre in velocità e senza troppo approfondire. Nei giorni scorsi ho colmato la lacuna e, grazie alla scelta del Comune di organizzare visite con le guide di "AostaWelcome" (con la valida e simpatica Enrica Quatrocchio), ho battuto palmo a palmo il capoluogo ricco, in uno spazio ristretto, di numerosi monumenti storici. Il più eclatante è lo straordinario castello di Avise, eretto nel 1492 (quando Cristoforo Colombo sbarcava in America...) da quel personaggio unico che fu Bonifacio d'Avise. Ebbene, proprio qualche tempo fa, avevo letto sul sito della brava archeologa e brillante divulgatrice Stella Bertarione una storia che lo riguardava: «XV secolo, tempo di lotte contro i Turchi. Il Mediterraneo era in subbuglio e il Vaticano nutriva fondate preoccupazioni. Fu così che Papa Sisto IV decise di inviare una missiva "urbi et orbi" per chiamare a raccolta i nobili, i cavalieri, i soldati che volessero partire contro l'impero ottomano. Era circa il 1480; il prode Bonifacio d'Avise parte alla testa di ben ottocento uomini d'arme reclutati nella sola Valle d'Aosta». Il gruppo, imbarcato su navi in partenza da Genova, raggiunse Roma e proseguì per Napoli e da lì la destinazione fu Otranto, città oggi in Provincia di Lecce. Ci sono stato in questa località che si affaccia sull'Adriatico molti anni fa e scoprii, con visite apposite, la storia nota come la "Battaglia di Otranto", origine appunto della mobilitazione antiturca . Era appunto quel fatidico 1480, quando un esercito ottomano, in realtà diretto a Brindisi, ma dirottato più a sud da un forte vento di tramontana attaccò la cittadina allora appartenente agli Aragonesi. La città venne posta sotto assedio per circa due settimane e i suoi abitanti, all'interno delle mura, respinsero con vigore gli assalti degli attaccanti. Fino a quando i turchi riuscirono ad aprire una breccia e gli otrantini (per la maggior parte disarmati) subirono terribili violenze. Bambini e donne vennero portati in Turchia per diventare schiavi, altri furono violentati o subirono tremende mutilazioni. Al termine della battaglia, il 14 agosto 1480 vennero decapitati sul colle della Minerva ottocento abitanti che si erano rifiutati di rinnegare la religione cristiana: sono ricordati - a dimostrazione che le guerre di religione ci sono sempre state, anche se unite a logiche espansionistiche - come i santi Martiri di Otranto e le loro reliquie sono custodite nella cattedrale del paese. La cristianità organizzò una risposta ed a questa parteciparono anche Bonifacio ed i suoi soldati, che si trovarono sotto le mura di Otranto nell'estate del 1481, quando la città venne riconquistata e fu forse la più importante fra le gesta sempre coraggiose dei d'Avise (il cui motto era "Qui tost Avise tard se repent", che potrebbe essere interpretato come "Uomo salvato, mezzo avvisato"). Ha scritto lo storico Franco Cardini per spiegare la rapidità della sconfitta dei Turchi: «La repentina e inattesa scomparsa del sultano, il 31 maggio 1481, e le lotte per il potere tra i di lui figli Bajazet e Djem che le tennero dietro, facilitarono la riconquista. Fu così che il 10 settembre 1481 Alfonso di Calabria, figlio del re di Napoli, entrava trionfalmente in Otranto, martire ma liberata». Fu l'ultimo tentativo di invasione islamica della Penisola e Bonifacio era fra i vittoriosi: peccato non avere incontrato nel castello il suo fantasma per farsi raccontare quella sua incredibile avventura da Crociato.