Cominciano ad affacciarsi i buoni propositi per l'anno che verrà e ce n'è sempre bisogno, anche se poi non si sa mai bene se e quando certi semi gettati frutteranno. Devo dire che di questi tempi mi sono detto che una speranza per il 2017 - un giorno scriverò sul fatto che il 2016 va abbastanza bocciato, pur non cedendo alla superstizione del bisestile - è che si trovi un vaccino contro ogni forma di fanatismo. So che il termine "fanatico" è abbastanza passato in cavalleria, ma trovo sempre che abbia un suo perché. Lo "Zanichelli" così ammonisce sulla duplice definizione: "chi, mosso da esagerato entusiasmo per un'idea, una fede, una teoria e simili, si mostra intollerante nei confronti di ogni posizione che non sia la sua: è un credente fanatico; il suo è uno zelo fanatico. Si aggiunge come sinonimi: fazioso, settario".
Altra definizione, abbastanza analoga, suona così: "ammiratore entusiasta di qualcuno o di qualcosa: essere fanatico del teatro, della letteratura, dello sport; essere fanatico per la musica; sono tutti fanatici ammiratori di quell'attrice; è un fanatico della puntualità, della pulizia". L'aspetto tragico, pur nei diversi livelli di gravità, sta tutto in una frase di Michel Verret: «Le fanatisme n'est-ce pas cela ? La haine justifiée par l'amour». Poi in realtà - finite abbastanza nel dimenticatoio "radicalismo", "estremismo" e specialmente "massimalismo" (ognuna con le sue nuances) - la fanno da padrone "integralismo" e "fondamentalismo", che con tutte le storie del terrorismo islamista fanno venire la pelle d'oca e tante paure. Lì siamo su un terreno violento e atroce, che trasfigura le persone, rendendole davvero folli, ma con una crudele lucidità nei comportamenti. Ma la realtà è che siamo ammorbati da persone cui magari scappa solo il piede dal freno. Senza farmi troppi nemici, penso ad alcuni conoscenti vegani che - essendo io carnivoro - mi trattano come un malato. Mi riferisco a certi eccessi di persone sportive, che ormai passano il tempo a correre con famiglie in casa ad aspettarli, regolandosi la vita sui loro allenamenti. Evoco, ma ci vorrebbe un intero post, certe nuove manie di medicine parallele a quella tradizionale con rischi, quando si eccede, per salute con sbarellamento verso varie forme di spiritualismo che sconfinano in paranoia. Penso agli integralisti del "politicamente corretto" che si adombrano per una battuta innocua, quando il sarcasmo non ha mai fatto morti. O ancora: a chi, pure nel recente referendum costituzionale, sposando un renzismo senza limiti, insultava il nemico (non l'avversario) nel nome di una fede, che forse in politica andrebbe annacquata. Più passa il tempo e vorrei dire, con una vecchia canzone, «Mettete dei fiori nei vostri cannoni» e penso ad una politica dell'insulto, della vendetta, della cattiveria, che ormai ha spiegato le ali ammorbando l'aria e creando - con l'eco infinito dei "social" - comportamenti aggressivi e notizie "fake" che superano di gran lunga i danni causati un tempo da leggende metropolitane così stupide da risultare quasi sempre improbabili. Come non ricordare inoltre certe logiche rozze, come la famosa "rottamazione", che - oltre ad essere solo un proclama - avvelenavano il rapporto fra generazioni diverse o all'idea che le Istituzioni e la Politica siano solo sterco e non ci sia mai nessuno e nulla di buono. Penso ogni tanto che bisognerebbe davvero rieducarci tutti al rispetto reciproco e all'equilibrio. Per questo - esempio limitato ma interessante, anche se poi la campagna non è "social", quindi non ha innescato un "effetto grancassa" con polemiche allegate - mi ha fatto molto ridere lo spot 2016 del "panettone Motta" «Da sempre quello di sempre», quando prende in giro certe mode (per essere corretto preciso "stili di vita") che implicano tofu, seitan, papaya, alghe essiccate o bacche di goji. Apriti cielo! Temo che "Motta" dovrà ritirare la pubblicità per evitare commandos a caccia di panetti di burro, canditi e uvetta... Penso che scherzare - lo dico anzitutto a me stesso - dovrebbe essere un esercizio salutare, facendo attenzione a come veniamo guardati quando oltrepassiamo nell'affermare le nostre legittime convinzioni certi limiti di buonsenso e di buon gusto. Come diceva un pupazzo della mia infanzia, che si chiamava Provolino, vale il tormentone: «Boccaccia mia statti zitta!».