Saranno molti i punti di rottura fra Donald Trump e l'Europa ed è bene preoccuparsene, anche se so che questa mia preoccupazione non è condivisa dai tanti "trumpisti" che ci sono in giro (alcuni dei quali mi scrivono in veemente difesa quando mi azzardo a criticarlo) e che hanno grande fiducia nel nuovo Presidente americano. Io penso legittimamente il contrario, anche se alla Casa Bianca lo hanno mandato - nel rispetto delle regole costituzionali - gli elettori americani e molti "mea culpa" devono essere recitati da chi, come i Democratici, hanno consentito questa vittoria. Non c'è poi da stupirsi se Trump, in barba a chi immaginava che mettesse dell'acqua nel vino, applichi anche le parti peggiori del suo programma: fa il suo lavoro, aiutato da quel suo ego ipertrofico che temo ci darà molti fastidi.
Penso - perché l'argomento mi preoccupa molto - al tema energetico ed al riscaldamento globale su cui Trump va avanti come un treno sulla base delle sue convinzioni del tutto antiscientifiche e lo dimostra il sito della Casa Bianca, dove ha cancellato la parte riguardante gli impegni assunti per fronteggiare i cambiamenti climatici attraverso l'obamiano "Climate action Plan", sostituito con una scelta coerente con le sue idee pubblicando - come un calcio negli stinchi agli studiosi di tutto il mondo - il nuovo Piano energetico nazionale, basato in larghissima parte sui combustibili fossili. Come la scelta striderà con l'Europa è sufficiente leggendo quanto scritto nel corposo - oltre quattrocento pagine! - "Rapporto sull'ambiente" dell'apposita Agenzia europea, che dice: "I cambiamenti osservati nel clima stanno già avendo ripercussioni di ampia portata in Europa sugli ecosistemi, l'economia, la salute umana ed il benessere. Continuano a registrarsi nuovi record relativamente alle temperature globali ed europee, all'incremento del livello del mare ed alla riduzione della banchisa nell'Artico. Il carattere delle precipitazioni sta cambiando, generalmente rendendo le regioni umide in Europa ancora più umide e quelle secche ancora più secche. Il volume dei ghiacciai e del manto nevoso sono in diminuzione. Allo stesso tempo, gli eventi climatici estremi, quali ondate di calore, forti precipitazioni e siccità, stanno aumentando in frequenza ed intensità in molte regioni. In base alle indicazioni fornite da più accurate proiezioni climatiche, gli eventi estremi legati al cambiamento climatico aumenteranno in molte regioni europee". Sono andato a leggerlo perché incuriosito da un articolo a inizio settimana su "La Repubblica" di Maurizio Ricci, che rendeva in modo plastico quanto deve preoccupare le popolazioni alpine, di cui faccio parte. Ecco l'inizio: «Altro che skipass. Almeno se siete di quelli che guardano con incredulo divertimento, d'estate, le gare di sci su pendii erbosi sotto un sole cocente. Il riscaldamento globale, infatti, avanza e sulle piste alpine rischiate, nei prossimi anni, di trovare più fango che neve. Il rapporto dell'Agenzia europea dell'ambiente (Eea) sul cambiamento climatico, uscito in questi giorni, disegna un futuro inquietante. E, insieme alle regioni artiche, l'area di crisi più allarmante, in Europa, è l'arco alpino, in particolare il versante meridionale, cioè quello italiano, dove le precipitazioni si faranno più rade. Saranno concentrate in inverno, piuttosto che in estate, ma il problema è il tipo di precipitazioni: "in virtù delle temperature più alte - recita il rapporto - queste precipitazioni invernali si manifesteranno più frequentemente come pioggia"». Così prosegue la brillante sintesi, spogliata di troppi tecnicismi del rapporto: «E' l'inevitabile risultato di un termometro inesorabilmente in salita: fra la fine dell'800 e quella del '900, nell'emisfero settentrionale la temperatura media annua è cresciuta di poco più di un grado, ma sulle Alpi di quasi il doppio: due gradi. L'impatto immediato, ovviamente, è stato sui ghiacciai: nell'ultimo secolo il loro volume si è dimezzato e gli studi più recenti indicano che, alla fine di questo secolo, si saranno ridotti fra l'84 ed il 90 per cento. In cima al Monte Bianco, i nostri nipoti cammineranno sui ghiaioni. Il rapporto, del resto, disegna un clima alpino che nessuno di noi potrebbe riconoscere: lunghe siccità, interrotte da piogge torrenziali e tempeste, e autentiche ondate di calore, con l'aumento del rischio slavine». Se negli Stati Uniti si fa marcia indietro su ogni azione che rallenti il cambiamento climatico - e molti si accoderanno alla scelta - vuol dire che ci si deve abituare al peggio e spetta farlo alle popolazioni alpine di oggi, per evitare che le prossime generazioni ci accusino semplicemente di non aver fatto il nostro dovere, tergiversando su azioni che accompagnino i cambiamenti.