Piove: mi aggiro con un grosso ombrello "Michelin", guido prendendo grandi pozzanghere sul lato della strada, osservo incuriosito un solo attimo di pausa con un brevissimo arcobaleno per aria. Il cambio del mese è andato così e bisogna prenderne atto. Così mi è venuto in mente Francesco Guccini, uno dei cantori della mia generazione, che sento vicino anche per la sua storia mai cancellata di essere un montanaro, anche se appenninico. Ricordo la sua canzone, così piena di intuizioni come fossero vecchie foto "Polaroid", in queste ore di pioggia di una giornata uggiosa: «Ma dove sono andate quelle piogge d'aprile che in mezz'ora lavavano un'anima o una strada e lucidavano in fretta un pensiero o un cortile bucando la terra dura e nuova come una spada? Ma dove quelle piogge in primavera quando dormivi supina, e se ti svegliavo ridevi, poi piano facevi ridere anche me con i tuoi giochi lievi?».
Due aspetti concomitanti. Il primo è il proverbio che tutti conosciamo e che dice: "Aprile, dolce dormire". Ho letto spiegazioni assai dotte sull'adagio, io più semplicemente penso che l'inverno ci stanchi e con i primi caldi certa spossatezza si accompagni al risveglio di parti del nostro corpo. Se piove e si torna in casa la combinazione è micidiale. La seconda è questa storia della pioggia, che sembra essere per troppi una scocciatura ed invece proprio certe piogge danno il senso profondo della bella stagione. Dico sempre che bisognerebbe dirlo a chi in televisione fa le previsioni del tempo e con aria mesta annuncia la pioggia che verrà, come se si trattasse di una sciagura, quando invece siamo di fronte alla più normale delle storie. A meno che solo il sole battente sia in qualche modo da associare alla felicità in un mondo che non esiste, se non in terribili deserti assolati. Fatto sta che io guardo davanti a casa il prato appena rasato, che si tinge di verde, imbevuto di pioggia. Questo, senza badare al grigiore delle nuvole basse, è controbilanciato dal senso profondo della vita che riparte grazie all'acqua che l'abbevera. E mi viene in mente, pensando anche al film, quel motivetto "Singin' in the rain" ("Cantando sotto la pioggia") di Arthur Freed e Nacio Herb Brown, anno 1929: "Canto sotto la pioggia, sto proprio cantando sotto la pioggia, che sensazione magnifica, sono di nuovo felice, sorrido alle nuvole, così scure lassù, ho il sole nel cuore, e sono pronto ad amare, lascia che le nubi tempestose, caccino via tutti da qui. Vieni con la pioggia, ho il sorriso in faccia, passeggio per la via, con un lieto ritornello, sto proprio cantando, cantando sotto la pioggia, sto ballando sotto la pioggia, sono di nuovo felice, canto e ballo sotto la pioggia...". Oggi mi sento così, vagamente ispirato dalla pioggia battente, che pure ha scompaginato i miei programmi tutti primaverili.