Giovanni Sartori, politologo che ho avuto l'onore di conoscere e di sentire dal vivo, è stato il più attento ed anche ascoltato fra gli studiosi delle leggi elettorali in Italia. E' singolare pensare come sia morto nelle scorse ore, ad una veneranda età, senza sapere se anni di sue battaglie, alla ricerca di una buona legge per le elezioni politiche, serviranno infine a partorire qualcosa di buono. Certo la sua sagacia sferzante, da fiorentino (al di fuori del giglio magico, visto che aveva definito Matteo Renzi «imbroglione aggressivo»), ci mancherà per quel suo modo diretto di spiegare le cose anche più complesse come antidoto ai troppi legulei. Si sa che la riforma elettorale dovrà avvenire, comunque sia, non sulla spinta di una volontà parlamentare, quanto invece sulla base della sentenza della Corte Costituzionale che ha smontato la legge vigente per la Camera ed ha chiesto di trovare una soluzione coordinata per il Senato.
Con l'imbarazzante situazione conseguente che una parte del Parlamento attuale è stato di fatto eletto con una legge giudicata incostituzionale e c'è pure il rischio - a leggere cosa bolle in pentola - che si possa ricreare situazione analoga in futuro. Un'annotazione, tuttavia, è d'obbligo: non basta una buona legge elettorale per avere la famosa "governabilità", cioè una stabilità dei Governi, ma bisogna agire davvero sulla forma di Governo, che è fatta da molti annessi e connessi. Poi un federalista aggiungerebbe che un lavoro di sdrammatizzazione con la sussidiarietà della sovranità statuale - quindi della forma di Stato - potrebbe creare situazioni migliori in un paese plurale come l'Italia. Ma dedichiamoci al sistema elettorale, che poi non è niente altro che l'insieme di regole - molto varie nelle sue diverse declinazioni - che trasformano i voti in seggi. Un sistema che dovrebbe essere sempre nelle mani delle Assemblee elettive e non degli Esecutivi, per cui quando si parla di andare alle prossime elezioni politiche in Italia attraverso un decreto legge mi viene l'allergia al solo pensiero! L'aspetto curioso è che, mentre a Roma si prende tempo, anche ad Aosta si discute su una nuova legge elettorale, criticando la legge in vigore per il cattivo risultato avutosi con quell'iniziale diciotto consiglieri a diciassette, che poi ha visto - sempre nel risicato equilibrio fra maggioranza e opposizione - cambiamenti ulteriori in corso di legislatura per poi tornare grossomodo al punto di partenza, pur con consiglieri in parte diversi da quelli dell'inizio. Un'iniezione di governabilità, con un "premio di maggioranza" più corposo, dovrebbe essere accompagnato da ulteriori meccanismi di stabilità, ad esempio che chiariscano se si ritengano cogenti o meno accordi preelettorali fra i partiti ed espressioni di volontà elettorale su coalizioni che in questi anni sono invece andate a carte quarantotto. Così com'è bene riflettere su un sistema che assicuri una reale rappresentatività dei territori, evitando logiche di concentrazione degli eletti su Aosta e dintorni, che potrebbe avvenire anche con una drastica riduzione del numero dei consiglieri regionali, materia che - lo ricordo sempre! - è legata alle procedure di riforma costituzionale dello Statuto speciale. Trovo, invece, che il limite dei mandati nell'Esecutivo dimostri un suo funzionamento per evitare che chi governi non si schiodi mai più dalle sue posizioni, assicurando un ricambio che apra la strada a dei giovani, oggi grandi assenti. Resta poi l'annoso problema delle preferenze e del "controllo del voto", che sappiamo concretizzarsi non tanto attraverso controlli occhiuti di rappresentanti di lista sulle terne, quanto al metodo geniale di fare cordate in cui si indica fra i nominativi - come se fosse un "marker" - il nome di un candidato che non c'entra un tubo con il Comune dove viene votato e la cui presenza dimostra come acqua di fonte che il "do ut des" è arrivato a destinazione. Speriamo che la Magistratura, nel corso delle prossime elezioni regionali, tenga gli occhi aperti su fenomeni di malcostume che spingono - violando la legge - certe personalità piuttosto che altre e non solo con la moral suasion. Esiste un antidoto, oltre a quello del rispetto delle nome penali in materia? A parte la preferenza unica, che ritengo comunque un grosso limite al ricambio, basta togliere al voto un'allocazione geografica precisa. Ciò può avvenire con un buon sistema di voto elettronico, di cui bisogna smettere di avere paura, perché ci sono solide difese contro pirataggi e manipolazioni oppure - altra opzione di limpidezza - si portano per lo spoglio le schede elettorali in un luogo dove si mischino le provenienze. Sembra un elemento marginale, ma non lo è, come si è visto dalla storia delle elezioni politiche in Valle, dove la libertà di voto si è espressa con grande chiarezza - attraverso il voto nel tradizionale collegio uninominale all'inglese - anche in dissonanza con certi flutti e correnti della politica regionale che potevano incidere altrimenti - e proprio con altro sistema di voto più... verificabile - sull'elettorato. Vedremo cosa avverrà a Roma e ad Aosta, con la sottolineatura necessaria che i metodi elettorali non si cambiano troppo a ridosso delle elezioni, specie se - come nel caso valdostano - esistono meccanismi facili da utilizzare per un eventuale referendum regionale confermativo su di una legge elettorale per l'elezione del Consiglio Valle. Meglio darsi una mossa.