Non c'è nulla di più evocativo delle vecchie fotografie. A casa dei miei genitori, in un cassettone di uno scrittoio, sono state stipate foto di varie epoche. Da paesaggi di Pila anni Trenta a foto "Kodak", quelle foto grande foto piccola a colori della mia infanzia, da foto dei miei genitori - matrimonio compreso - ai battesimi miei e di mio fratello con parenti ormai scomparsi che ci auguravano una buona vita. Una specie "di tutto un po'", senza alcun tipo di classificazione, in cui ogni tanto mi immergo, ritrovandomi a diverse età. Ci sono foto topiche, come quelle delle elementari, dove esibisco i miei grembiulini e l'aria che, con il passare degli anni, da spaurita si fa più spavalda. Preciso che in prima elementare non avevo alcuna intenzione di cominciare la scuola, proprio perché non capivo perché dovessi andarci, stando bene a casa. Per cui nelle prime settimane mi ritrovai - era il 1964 - con inspiegabili mal di pancia, evidentemente simulati con capacità attoriale mica da ridere. Una volta appurata che dovevo starci il mal di pancia passò ed ho bei ricordi della scuola.
A me questa storia del "grembiule obbligatorio" - vedo che dal nero passai al blu o azzurrino - non mi ha mai turbato e neppure i miei genitori, che a loro volta la blusa d'ordinanza la mettevano a scuola ai loro tempi. Invece ho constatato che non è più così: con il passare degli anni l'obbligo è caduto e ci sono situazioni paradossali in cui le maestre chiedono se vada o meno indossato il grembiulino, addirittura con referendum via "WhatsApp". Giuro che ho certezza che qualche mamma - che Dio le salvi dalla loro ignoranza - hanno affermato, da vere libertarie, che mai avrebbero accettato una costrizione così grave, «perché ai loro figli piace far vedere che sono vestiti carini». Roba da mettere i genitori a pane ed acqua a Gaeta, nel vecchio carcere militare. Ed invece è il segno dei tempi di una democrazia farlocca, in cui - posso dimostrarlo - i figli hanno sempre ragione e maestre e professori sono brutti e cattivi, quando impartiscono punizioni o riprendono i bambini quando sono somari. Se avessero avuto il maestro Bessolo come me - bastoncino di legno a picchiare come regola sulle dita, in caso di violazione delle istruzioni - sarebbero filati in Procura. Come fecero i genitori di quel maestro, poi suicida per la vergogna, che lo denunciarono perché aveva tirato le orecchie al pargolo irriverente. Ma la "bambagia" è bambagia e se la vecchia scuola talvolta esagerava in severità, oggi siamo al lassismo e ci sono derive come questa del grembiulino. La moral suasion talvolta ha bisogno di qualche aiutino. Pensa te che quando vado in Paesi dove sono obbligatorie le divise scolastiche - tutti uguali ed ordinati - trovo il fatto civilissimo e non perché ami le divise o discipline militari, essendo per natura libertario, ma perché danno il senso visivo di un'eguaglianza che trascende mode e griffes. Un antidoto contro l'ostentazione stupida, che vedo quasi corrispondente al grado di istruzione, al contrario intendo. Certo ci sono cose più gravi: l'incompetenza di alcuni che insegnano, il bullismo violento, l'orientamento scolastico moscio, la burocrazia che soffoca gli insegnanti e via di questo passo, ma anche la "forma", in tanti casi, diventa "sostanza" e ciò vale anche per l'educazione ed i comportamenti. Poi naturalmente esiste il gioco eterno, anche a scuola, fra farsi beccare e non farsi beccare, ma quelle sono logiche veniali rispetto invece a usi e costumi che se rivoluzionati e non a fin di bene creano solo sciatteria. Viva il grembiule!