In queste settimane in Radio mi sono divertito con i contrari come filo conduttore di una trasmissione estiva. Uno degli ultimi argomenti - "Crudo e Cotto" - mi ha ricordato un libro "Le Cru et le Cuit" dell'etnologo francese Claude Lévi-Strauss, che aveva osservato come - nelle tribù che aveva studiato in Sud America - non esistesse la parola "cotto" per la semplice ragione che non cuocevano gli alimenti, ma neppure, poiché non c'era la nozione di cottura, esisteva la parola "crudo", non essendocene bisogno perché i cibi erano... crudi e null'altro. Solo esperienze nuove permettono di creare - questa la sostanza - permettono di sviluppare nuovi paradigmi.
Giorni fa ero in un bosco in alta montagna e il silenzio era meraviglioso. Poco dopo - percorrendo a piedi il "Ru Courtaud" dal Col de Joux a Barmasc - mi sono ritrovato nel buio e nel silenzio ancora più impressionate di una delle gallerie dell'antico canale di epoca medioevale che porta l'acqua dal Monte Rosa alla collina di Saint-Vincent. Quando stavo per raggiungere l'uscita, come in un quadro dipinto, ho visto nello spiazzo illuminato dal sole alla fine del tunnel due camosci, che sono rimasti tranquilli - immagino perché non sentivano il mio odore - fino a quando un sasso sotto i miei piedi ha fatto un rumoraccio ed i due sono fuggiti verso la montagna. Non sono neppure più riuscito a scorgerli, malgrado fossi uscito di corsa. Ho pensato appunto a come il silenzio e il rumore, come molte altre coppie possibili, sono indissolubilmente legati e ogni generazione umana - e le nostre ancor di più per le molte accelerazioni nei modi di vivere - finisce per averne sensazioni diverse (ciò vale di certo anche per il binomio buio e luce!). Il silenzio oggi è un lusso, un privilegio, una rarità. Ne ho goduto, oltreché sulle nostre montagne con l'effetto neve che crea quella sensazione di rendere tutto attutito e felpato, in luoghi come il deserto all'ora del tramonto, dentro una chiesa in cui mi sono ritrovato solo, in una piccola isola la notte a guardare il cielo. Il silenzio spicca ancor di più per i suoni, troppo spesso rumori, in cui viviamo ordinariamente con una presenza inusuale in passato per l'invasività e decibel che ci rendono impossibile quel silenzio che - facendo gli scongiuri - si chiama "silenzio di tomba" ed è vero che ho trovato oasi di pace in certi cimiteri storici. Ha scritto l'artista Jean Arp: «Bientôt on parlera du silence comme d'une légende. L'homme s'est détourné du silence. Il invente chaque jour des machines et des appareils qui multiplient le bruit et éloigne l'homme de la vie essentielle, de la contemplation, de la méditation... Il se sent confiant en entendant klaxonner, hurler, crier, tonner, craquer, siffler, grincer, triller. Son inquiétude s’apaise. Son vide inhumain se déploie monstrueusement comme un chancre, comme une plante effrayante et grise». Arp - cui si devono le "sculture del Silenzio" - è stato buon profeta, essendo morto nel 1966 e da allora - pensiamo alla presenza di telefonini e tablet - il silenzio si è ancora ristretto e trovarlo e goderne è un esercizio sempre più raro. Come se davvero il suono e il suo fratello cattivo, il rumore, la facessero da padrone nelle nostre vite. Forse ne sarebbe stupito - per la perdita progressiva del silenzio come valore - il grande poeta Edgard Lee Masters, morto addirittura nel 1950. Scriveva: «Ho conosciuto il silenzio delle stelle e del mare, il silenzio dei boschi prima che sorga il vento di primavera. Il silenzio di un grande amore, il silenzio di una profonda pace dell'anima Il silenzio tra padre e figlio e il silenzio dei vecchi carichi di saggezza» Cosa dire? Forse che cercare ormai di fermare il rumore è come vuotare l'oceano con un cucchiaio, ma vanno create oasi, dove si possa dare una pausa alle nostre orecchie e goderne interiormente, riempiendolo di significati. Grande chance per certe zone della Valle d'Aosta da valorizzare per questo.