La premessa è che conviene, finché c'è "Trenitalia", togliersi dalla testa ogni utilizzo turistico della linea ferroviaria "Ivrea - Aosta" e la chiusura del proseguimento con Pré-Saint-Didier suona ormai come una campana a morto. Le "Ferrovie dello Stato", che restano saldamente pubbliche in barba agli assetti societari ed agli spacchettamenti effettuati, non hanno alcun interessamento per le novità, specie su linee bollate "rami secchi" rispetto a quelle considerate redditizie. Certo il trasporto ferroviario pubblico dovrebbe tenere conto delle logiche di servizio universale insite nella propria missione, che oltretutto nel caso valdostano paga ormai la Regione, ma sappiamo bene che o una interlocuzione politica seria fissa loro degli obblighi attuali e futuri oppure ogni orizzonte di novità infrastrutturale o nell'esercizio sarà una via crucis.
Un privato con capacità e visione delle possibilità potrebbe mettere il naso, ma chiarendo bene gli ambiti: se la rete resta in capo a "Ferrovie" ogni problema di utilizzo della linea, anche per la concessione del trasporto pubblico locale non sarà facile e, per altro, una cessione della linea alla Regione - com'è possibile da norma di attuazione - deve prevedere risorse per una sua modernizzazione, visto che le risorse economiche proprie per farlo oggi non ci sono con il Bilancio regionale smilzo che ci troviamo per colpa di chi non ha saputo difendere il nostro riparto fiscale. La seconda premessa è che un uso turistico si inserisce in una scelta che deve saper conciliare diverse esigenze: esiste un uso ferroviario per uscire e entrare in Valle per spostamenti vari dei valdostani e dei turisti (compreso l'uso turistico) e poi esiste - ma la prospettiva non è proprio complementare pensando alla chiusura delle stazioni minori e all'assenza di fermate, ad esempio all'ingresso di Aosta - la speranza di un uso metropolitano. Conciliare le due cose e aggiunger altro non è facile, ma forse una vocazione turistica si potrebbe intanto costruire sulla "Aosta - Pré-Saint-Didier". Pensavo ad un uso turistico dopo un'esperienza in Svizzera con "Le Train du Chocolat", che collega Montreux con Gruyères, dove vale la visita lo straordinario borgo medioevale con castello di una casata con la gru come simbolo araldico, da cui il nome del paese, che ebbe una parentela con la casata degli Challant. Al castello ho letto che Charles de Challant (1513-1556) sposò - siamo nel 1534 - Françoise de Gruyères. Con il treno, in parte con carrozze storiche ed in parte moderne, si risale la costa dal lago Lemano sino appunto al plateau alpino sovrastante nel Cantone di Friburgo. So bene che le linee ferroviarie svizzere hanno una storia singolare, che si sviluppa negli ultimi due secoli e certe arditezze di collegamenti alpini sino ad alte quote forse oggi non sarebbero neppure realizzabili con pressioni ambientaliste, ma - modus in rebus - una Valle d'Aosta in treno, poi con collegamenti in bus per brevi itinerari come avviene appunto con il "Train du Chocolat", potrebbe starci. Cosa propongono gli amici svizzeri a parte il viaggio suggestivo? Giocano sui due prodotti più rinomati: formaggi e cioccolato. Uno è il "Gruyère" (che non c'entra nulla con l'equivoco della "groviera coi buchi" della nostra infanzia!), che viene presentato in un piccolo museo nella sua "Maison", dove si segue su pannelli con audioguide la storia, osservando dai vetri il funzionamento di un caseificio ed un ambiente di conservazione delle forme. Il cioccolato è dell'antica cioccolateria "Maison Cailler" a Broc. Il viaggio con sistemi moderni da parco dei divertimenti racconta del nuovo Mondo e dell'arrivo in Europa del cacao, portato dai conquistadores che lo "rubarono" agli atzechi. Poi lo sviluppo e il binomio cioccolato-Svizzera sono sviluppati nel racconto multimediale elveticocentrico, senza neppure un cenno di cortesia a chocolatier decisivi come i torinesi! Ma, si sa, la logica è celebrativa. Poi il trenino riparte...