In termine di superficie, ma soprattutto di abitanti, la Valle d'Aosta è davvero piccola rispetto alla vasta e popolosa Sicilia. Eppure siamo uniti, pur agli antipodi, da un regime di Autonomia speciale. Anch'essa, come comparazione, vede le due realtà su di uno scalino diverso: lo Statuto della Regione siciliana (dizione ufficiale) è sulla carta più autonomistico di quello della Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste (dizione ufficiale). Che poi i siciliani abbiano sfruttato poco e male le loro prerogative rispetto alla potenzialità è altra questione. E spiace pensando alle straordinarie personalità espresse dall'isola, come dimostrato dai capaci Grand commis di Stato sparsi dappertutto a Roma e molti validi politici di cui il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è l'attuale punta di diamante, ma a governare non sono certo stati i migliori e lo si è visto dal dopoguerra ad oggi.
Ha scritto con graffiante ironia lo scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957), che di siciliani se ne intendeva: «Prendete un problema di qualunque natura (politico, sociale, culturale, tecnico o altro) e datelo da risolvere a due italiani: uno milanese e l'altro siciliano. Dopo un giorno, il siciliano avrà dieci idee per risolvere questo problema, il milanese nemmeno una. Dopo due giorni, il siciliano avrà cento idee per risolvere questo problema, il milanese nessuna. Dopo tre giorni, il siciliano avrà mille idee per risolvere questo problema, e il milanese lo avrà già risolto». Un riassunto dei passaggio autonomistici della Sicilia l'ho rinvenuto in un articolo di un costituzionalista siciliano, Giuseppe Verde: «Durante la seconda guerra mondiale, dopo la liberazione della Sicilia da parte degli Alleati, si diffuse l'idea che le condizioni di arretratezza dell'isola potessero essere superate solo attraverso profondi mutamenti del suo assetto istituzionale. In tale contesto, si confrontarono posizioni più radicali, che miravano all'indipendenza della Sicilia, e altre, risultate poi maggioritarie, che propugnavano soluzioni di tipo indipendentistico, ma sempre all'interno dello Stato italiano. La soluzione autonomista fu infine condivisa dalle principali forze politiche e dal Governo dello Stato. Con regio decreto legge n. 91 del 1944 fu istituito l'Alto Commissariato civile per la Sicilia quale organo di decentramento amministrativo statale nell'isola. Successivamente, fu istituita la Consulta regionale, composta da rappresentanti delle forze politiche e da esperti, incaricata di assistere l'Alto Commissario nell'esercizio delle sue funzioni e di predisporre una proposta di statuto per la Sicilia. Il 23 dicembre 1945 la Consulta regionale approvò il progetto di statuto, il quale fu definitivamente approvato con regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455. Dopo l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana, il 1° gennaio 1948, l'Assemblea costituente esaminò lo statuto siciliano che venne, quindi, convertito con la legge costituzionale n. 2 del 1948. Il valore culturale e sociale dell'autonomia è certamente legato all'esistenza e all'attuazione dello statuto speciale del 1946, ma non solo. Infatti, le radici ideali dell'autonomia regionale possono essere rintracciate già nella costituzione siciliana del 1812. Un testo quest'ultimo nel quale convivevano le idee del costituzionalismo moderno di matrice britannica ed elementi propri della tradizione siciliana. Fra gli aspetti di continuità con il passato è certamente da annoverare la valorizzazione e la tutela dell'autonomia e indipendenza dell'isola. Le istanze autonomiste caratterizzeranno la costituzione del 1848 e riemergeranno ancora dopo l'unificazione italiana nel 1860, senza essere pur tuttavia soddisfatte se non dopo la seconda guerra mondiale con l'entrata in vigore dello statuto speciale». Questo per dire due cose: ogni Statuto speciale ha una sua storia pregressa che ne motiva le ragioni (mi manda in bestia sulla Valle d'Aosta leggere roba tipo: «I valdostani ottennero l'autonomia perché sennò diventavano francesi»...) e poi va segnalato come la Sicilia, seguita poi dalla Valle, sia stata - anche per la liberazione precedentemente ottenuta - la prima ad ottenere una forma di specialità. Ora in Sicilia si vota il 5 novembre prossimo e come sempre diventa, malgrado la particolarità dell'elettorato e certo il peso della mafia e delle sue indicazioni persiste, un test nazionale in vista delle elezioni nazionali, che arriveranno nella prima parte del 2018 e la Sicilia - e persino in certi passaggi lo è stata anche la Valle d'Aosta - è un laboratorio politico. L'elezione varrà per i settanta deputati regionali dell'Assemblea con sistema proporzionale con sbarramento al cinque per cento e per il presidente della Regione con elezione diretta senza ballottaggio. L'incrociarsi di alleanze, fatte e disfatte, la scelta difficile di candidati aggreganti, la crisi finanziaria quasi da "crack" della Regione sono tutti elementi che suscitano curiosità e crea anche qualche elemento di scalpore, tipo l'andirivieni di Angelino Alfano, che non avrà il "quid" berlusconiano, ma sembra essere ago della bilancia e questo fa sorridere sullo stato della democrazia italiana e siciliana. Certo la Sicilia è oggi la "bestia nera" delle Autonomie speciali, ma ha così tanti parlamentari a Roma (cinquantadue deputati e venticinque senatori) che mai nessuno penserebbe davvero di sopprimere la sua Autonomia, che invece pare talvolta risulta pencolante per noi valdostani. Il che - se si fa la comparazione - suona davvero come un paradosso.