Da ragazzo, quando ero liceale a Ivrea, mi avvicinai - fuori dalla scontata militanza autonomista in Valle d'Aosta - al Partito Radicale. Trovavo geniale e fuori dalle righe il suo leader, Marco Pannella, dotato per altro di una dialettica davvero fuori dal comune. Poi, entrato in politica, lo conobbi a Roma: devo dire che non ricordo, anche se da qualche parte lo avrò scritto, se ciò fosse avvenuto durante una Tribuna elettorale, quando mi candidai la prima volta nel 1987, o se durante la Legislatura. Fatto sta che per me ebbe sempre una grande amicizia e io lo ricambiai appoggiando spesso le sue campagne eclatanti per i diritti civili. Anche se l'Union Valdôtaine vietava la doppia tessera, io mi iscrissi più volte al "Partito Radicale Transazionale" e Marco Pannella - specie nella difficile battaglia politica delle elezioni del 1992, quando con César Dujany eravamo in sostanza contro tutti alle elezioni politiche - inviò un videomessaggio al nostro comizio di chiusura, chiedendo di votarci.
Con lui parlavo solo in francese, perché così si indirizzava a me, considerandosi per altro un vicino di casa di noi valdostani, visto che con la nonna - vallesana del primo paese dopo il tunnel - era cresciuto parlando proprio quel francese che praticava in modo fluente. Abruzzese di nascita, si interessava poi dei problemi della montagna, visto che amava quella sua terra appenninica di origine. Marco era un tipo magnetico, sorriso che sapeva trasformarsi in maschera feroce, occhi chiari sempre attraversati da ironia, la sigaretta immancabile in mano (quando smisero di produrre le terribili "Celtique" si lamentò con me a Strasburgo di questa violazione della sua libertà). Ma soprattutto, svettando con la sua altezza e con una mimica straordinaria, sapeva essere carismatico in ogni occasione, dando corpo tra l'altro - con il suo Partito Radicale - ad una delle poche voci sinceramente federaliste nel desolato panorama italiano, che troppo spesso assegna al federalismo spazi di studio o di grigio associazionismo, mentre Pannella sapeva coltivare questo pensiero, purtroppo sempre perdente. Per cui citava con sincero trasporto "Giustizia e Libertà" dei fratelli Rosselli e di Piero Calamandrei, la triste parabola del Partito d'Azione che ne fu erede, ricordava "Il Mondo" di Mario Pannunzio e personalità come Ernesto Rossi. Evocava personalità transitate dai radicali, come Eugenio Scalfari, Stefano Rodotà, Antonio Cederna ed Arnoldo Foà. Il suo alter ego negli ultimi decenni fu sempre Emma Bonino, piemontese dalla testa dura assieme alle truppe dei radicali dentro e fuori dal Parlamento. Una compagnia di giro di intellettuali, laici e sorridenti nelle loro battaglie per la libertà. Oggi, che si parla dell'suo dei media in politica, va ricordata la grande intuizione di "Radio Radicale", antesignana nel ritrasmettere i lavori parlamentari e radio sempre aperta agli ascoltatori, che periodicamente ascoltavano gli incontri-scontri con il grande Massimo Bordin. Radio dove giace un patrimonio di registrazioni incredibili ed ho l'onore di averne molte mie in quell'archivio. Ora Marco se n'è andato e mi resterà il rimpianto di non essere sceso a Roma ad omaggiarlo in quel lungo pellegrinaggio che tutti hanno compiuto nelle settimane scorse al suo capezzale di malato terminale, che non si rassegnava agli eventi, beffando quella Morte che aveva rischiato tante volte per i suoi digiuni. Lo ricordo sghignazzante, magro come un chiodo, davanti alla buvette di Montecitorio, mentre maramaldeggiava con la stampa parlamentare. Il suo «Salut, Lucien!» mi resterà per sempre nella memoria, così come la sua stretta di mano, con la sua grande mano, mentre febbrile si muoveva già per chissà quali altre cose, in una vita sempre di corsa, sempre frenetica, sempre al servizio di una causa. Non sembri irrispettoso citare quel passaggio dedicato al celebre Don Chisciotte (tratto dal suggestivo spettacolo 'Don Chisciotte' del regista, attore e drammaturgo Corrado d'Elia), che non è la caricatura che spesso ci è stata raccontata: "A tutti gli illusi, a quelli che parlano al vento. Ai pazzi per amore, ai visionari, a coloro che darebbero la vita per realizzare un sogno. Ai reietti, ai respinti, agli esclusi. Ai folli veri o presunti. Agli uomini di cuore, a coloro che si ostinano a credere nel sentimento puro. A tutti quelli che ancora si commuovono. Un omaggio ai grandi slanci, alle idee e ai sogni. A chi non si arrende mai, a chi viene deriso e giudicato. Ai poeti del quotidiano. Ai "vincibili" dunque, e anche agli sconfitti che sono pronti a risorgere e a combattere di nuovo. Agli eroi dimenticati e ai vagabondi. A chi dopo aver combattuto e perso per i propri ideali, ancora si sente invincibile. A chi non ha paura di dire quello che pensa. A chi ha fatto il giro del mondo e a chi un giorno lo farà. A chi non vuol distinguere tra realtà e finzione. A tutti i cavalieri erranti. In qualche modo, forse è giusto e ci sta bene… a tutti i teatranti". Nel teatro (non nel "teatrino") della politica Marco è stato un gigante con una vena bizzarra e incontenibile, ma certe sue battaglie - più di tanti bla bla - sono servite in Italia, in Europa e nel mondo. Bon voyage, Marco, avec les vers de Charles Baudelaire: "Ô Mort, vieux capitaine, il est temps! Levons l'ancre! Ce pays nous ennuie, ô Mort! Appareillons! Si le ciel et la mer sont noirs comme de l'encre, Nos cœurs que tu connais sont remplis de rayons!"