Ci sono, almeno per me, tre momenti in cui ho dei pensieri: di notte, quando capita di essere investito da qualche problema nel dormiveglia, tutto mi sembra difficile; al mattino, invece, nulla mi sembra impossibile nella lucidità di quel mio svegliarmi all'alba; durante il giorno è un dipanar di matasse, se ce ne sono o me ne creo o peggio me ne creano gli altri e, come noto, cattivi o cretini in giro ce ne sono, per non dire dello zampino degli imprevisti. Devo dire che il giorno del mio compleanno, cioè oggi (gli altri 364 giorni, come dice Lewis Carroll in "Alice nel paese delle meraviglie", sono data del "non compleanno"...) a questa storia dell'anno in più non ci penso e certo la concomitanza con il Natale non è banale, perché c'è molto altro da fare.
Non che non pensi al tempo che passa: la notte, destinata appunto ai cattivi pensieri, mi capita di calcolare che l'incalzare del tempo, cioè l'invecchiamento, ha più lati scuri che chiari per la semplice ragione che ci si avvicina - che sia prima o poi non è dato saperlo e attraversa tutte le età della vita - alla morte. Lo stesso tema al risveglio, se arriva, viene risolto con meno complessità: sono vivo e ho avuto una bella vita, dunque vediamo di mantenerla tale e, nel resto del giorno, applico la formula, cercando di limitare quanto non mi cambia l'umore. Per questo il giorno del mio compleanno voglio regalarvi due pensieri. Il primo di Albert Sabin, il celebre medico americano di origine polacca, cui si deve il vaccino contro la polio: «La giovinezza non è un periodo della vita, è uno stato della mente, è la tempra della volontà, è una qualità dell'immaginazione, il vigore delle emozioni, la predominanza del coraggio sulla timidità, del desiderio di avventura sull'apatia. Nessuno invecchia solo per il fatto di aver vissuto un numero di anni: l'individuo invecchia perché ha disertato i suoi ideali. Gli anni arrugano la pelle, ma abbandonando l'entusiasmo si raggrinza l'animo. Preoccupazioni, dubbi, pusillanimità, paura e disperazione, questi sono i lunghi anni che fanno ripiegare il capo e inceneriscono lo spirito; siano sessanta o sedici, vi può essere in ogni cuore l'amore per lo stupendo, la dolce meraviglia delle stelle, la brillantezza delle cose e dei pensieri, la coraggiosa sfida degli eventi, l'immancabile infantile curiosità e la gioia di vivere. Tu sei giovane come la tua fede e vecchio quanto il tuo dubbio, sei giovane come la confidenza in te stesso vecchio quanto le tue paure; giovane come le tue speranze e vecchio quanto il tuo abbandono. Fin quando il tuo cuore riceve messaggi di bellezza, di gioia, di coraggio, di prudenza e di potenza, sia dalla terra, sia dall'uomo, sia dall'infinito... tu sei giovane. Quando i fili sono tutti recisi e il tuo cuore è ricoperto dalla neve del pessimismo e dal ghiaccio del cinismo, allora tu sei vecchio davvero e il buon Dio abbia misericordia della tua anima». Il teologo Vito Mancuso spiega poi la nostra necessità nella vita di appartenere a sistemi sociali e affettivi: «Essere un filo di un indumento più grande: forse è questo il senso ultimo del mio essere. Essere me stesso, senza confondere la mia specificità di filo diverso da ogni altro, e insieme, però, unirmi ad altri fili, perché un filo ha senso solo se si unisce ad altri fili, come una nota ha senso solo se si unisce ad altre note, come una lettera ha senso solo se si unisce ad altre lettere e così forma parole, e poi frasi, periodi, magari anche racconti, novelle, romanzi, poesie... Essere sé stessi, ma anche legati agli altri: come la "a" rimane "a", ma se tra due "a" inserisco una "m" ho trovato la possibilità di dire come mia moglie mi pensa, e ho dato un senso a due "a" che altrimenti, da sole, non l'avrebbero avuto». In fondo pensieri perfetti per il Natale, che ci accompagna inesorabile e lenitivo ogni anno che passa.