Parlare del meteo (che è maschile, lo precisa il dizionario) è grandemente cambiato nel tempo. Ricordo amici montanari che dalle condizioni di certe montagne della loro zona sapevano vaticinare con una qual certa sicurezza sul cambio del tempo nel corso della giornata e si rifacevano ad antichi motti in patois, quando dal tempo dipendeva - solo per fare un esempio - il lavoro in un mondo rurale che viveva di quello. Idem nel porto di Oneglia un pescatore, che poi in verità era medico, che snocciolava nel suo dialetto vecchi proverbi che spiegavano le conseguenze del cambio del vento, un tempo indispensabile per la navigazione, e ricordo come una gioia essere piazzato, da bambino, al centro di una rosa dei venti con il dito bagnato per capire da dove soffiasse il vento del momento. Oggi abbiamo tutti le "app" delle previsioni, per cui i confronti standard sulle condizioni del tempo presenti e future non avviene più attraverso la saggezza popolare ma sulla base dei rispetti siti di previsione cui si è affezionati.
Comunque sia, dal tempo delle caverne ad oggi questa storia di discettare sul tempo - in assenza di altri argomenti - è un classico della conversazione breve, senza troppi fronzoli e lamentandosi generalmente dello status quo. Esemplare è il modo di dire «Piove, governo ladro!'», che deriva dal motto del giornale ottocentesco "Il 'Pasquino''. Secondo il ''Dizionario moderno'' del Panzini nel 1861 i mazziniani avevano preparato a Torino una dimostrazione, ma il giorno fissato pioveva e la manifestazione non si fece. Il ''Pasquino'' pubblicò allora una vignetta rappresentante tre seguaci delle idee di Giuseppe Mazzini al riparo della pioggia e ci mise sotto la scritta: «Governo ladro, piove!». In questi giorni è il freddo dell'inverno, accentuato da "Burian" (da cui viene poi "buriana", che mi capita di usare - per chissà quale eredità lessicale - quando c'è un gran trambusto), che tiene banco con il solito stupore sul fatto che, in barba alle stagioni sempre più spesso non corrispondenti alla descrizione che ne viene fatta, ci si rifaccia invece sui canoni più tradizionali. Personalmente rivendico la bontà del freddo di stagione, anche nelle sue punte più estreme, forte del fatto che basta vestirsi ed attrezzarsi e si può fare tutto, compreso ripararsi dal freddo, e considerare certe pause domestiche qualcosa di positivo. Ci scherzava, fino a un certo punto, Gesualdo Bufalino: «"Exercitum in hiberna deduxit", condusse le truppe nei quartieri d'inverno... Così Cesare termina ciascuno dei commenti gallici. E' probabile che aspettasse questi giorni d'ozio e quella luce di neve per dettare le sue gesta a uno scriba. Altrettanto dovrebbe ciascuno di noi, serbando all'azione le rimanenti stagioni». Ma Burian in fondo lo aveva previsto una filastrocca, che ho riletto al mio bimbo piccolo e che si chiama "Bollettino meteorologico":
Italia sottozero. Lo stivale è ghiacciato. Sta la neve sul Vesuvio come panna sul cioccolato. A Roma i busti di marmo del Incio battono i denti I gatti del Colosseo a Roma, battono i denti. Si pattina sul Po e sui maggiori affluenti. E' gelata la coda di un asino a Potenza. Le gondole di Venezia sono a letto con l'influenza. Un pietoso alpinista è partito da Torino per mettere un berretto sulla testa del Cervino. Ma dov'è, dov'è il mago con la fiaccola fatata che porti in tutte le case una calda fiammata?
Personalmente, come due facce della stessa medaglia, amo il freddo ed anche il caldo. E l'equidistanza non è turbata da quanto osservato da "3Bmeteo", quando scrive, che è il freddo che uccide di più: «Lo svela una ricerca condotta dalla scuola londinese di Igiene e Medicina Tropicale, della quale ci parla il dottor Antonio Gasparrini. "La nostra ricerca, basata sul più grande database che mette in relazione il numero di decessi ai valori della temperatura dell'aria, ha evidenziato che la maggior parte di tali decessi è provocata dalle basse temperature". Lo studio ha analizzato oltre 74 milioni di decessi tra il 1985 ed il 2012, per un totale di tredici Paesi aventi le più disparate caratteristiche climatiche, da quelle polari a quelle equatoriali e subtropicali. Definita una temperatura "soglia" di minima mortalità, sono stati fatti i calcoli per estrapolare la frequenza di decessi in base a quanto ci si spostava da tale valore soglia. Circa il sette per cento delle morti (7,71 per cento per la precisione) è causata da una temperatura definita "non ottimale". Del numero totale di decessi solamente lo 0,42 per cento è attribuibile al caldo, il rimanente 7,29 per cento al freddo. Ne consegue che il freddo tende ad uccidere quasi venti volte di più rispetto al caldo!». Poco male: consola un altro studio pubblicato su "LeScienze", in cui Adrian F. Ward scrive: «La temperatura dell'ambiente influisce sulle prestazioni cognitive e quindi sulle capacità decisionali. Il caldo indebolisce la capacità di prendere decisioni complesse, fino a spingere a evitarle mentre gli ambienti più freddi favoriscono questo genere di scelte, addirittura con risultati più efficienti. Il fenomeno sarebbe dovuto al fatto che il caldo provoca un consumo maggiore di risorse energetiche fondamentali come il glucosio, indebolendo le funzioni cognitive». Insomma, un apprezzabile pareggio.