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05 apr 2018

Evviva la curiosità!

di Luciano Caveri

Ognuno nella vita ha i propri motori, che lo spingono, lo tengono su e talvolta lo fanno star bene, se non si appartiene alla categoria di chi sta meglio quando si sente male, perché c'è anche questo.
Difficile generalizzare a fronte di tanti casi che l'esistenza ci fa conoscere sin dall'infanzia e che - se non siano eremiti - accumuliamo nel tempo. Certo è che ognuno di noi è diverso dall'altro in un campionario assai vasto e come tale difficile da repertoriare in modo esaustivo. Ma se si scava e si analizza qualche caratteristica personale preminente esiste sempre anche nel più anonimo degli individui. Conosco persone che sono rette dall'ambizione, altre dal conformismo o dall'esercizio del potere, altre ancora dall'ideologia e persino dalla maldicenza. Sarebbe un singolare e deflagrante gioco della verità annotare sulla propria agenda coi nomi ed i numeri di telefono anche un aggettivo o una breve nota, tanto per segnare quante tipologie umane ciascuno di noi conosca, senza averla mai scientemente espresse. Ma questo lasciamolo fare ai puntigliosi o forse ai pettegoli.

Certo è che c'è chi ruota attorno all'amore della famiglia, chi a quello degli amici, chi trova conforto nella religione. Frequento egoisti e altruisti, idealisti e pragmatici, sociali e misantropi. Pure la stupidità, come l'intelligenza, può essere un combustibile per muoversi, poi dove si vada è altro discorso. Pensavo in queste ore quale sarebbe o spero sia la mia molla, immaginando l'elemento preminente, perché poi beninteso siamo tutti un mélange di pregi e difetti. Con l'ovvia annotazione che ciascuno di noi antepone i primi ai secondi, tranne chi ha come motore l'autocritica. Allora, venendo al punto, quoto - per me - la curiosità. "Curioso" è un prestito dal latino "curiōsus, che si interessa, avido di conoscere, accurato", derivazione di "cūra, preoccupazione, sollecitudine, premura".
Se si cerca la definizione di curiosità nello "Zanichelli" ("desiderio di sapere e di conoscere") spunta questa definizione del giornalista e scrittore Mario Calabresi: «Smettere di andare in bicicletta nel cortile e passare un intero pomeriggio nella portineria del caseggiato per ascoltare i discorsi dei grandi, per scoprire cosa succede ad ogni piano e in ogni scala. Leggere libri, riviste, dépliant, le istruzioni della lavatrice o i bugiardini dei medicinali per capire come funziona il mondo. La curiosità è il motore dell'esistenza, il radar che ci fa captare i colori e la chiave per aprire le relazioni con gli altri esseri umani. La curiosità è la migliore vaccinazione contro il pessimismo, l'accidia e la noia, le malattie più pericolose del nostro tempo. E poi i curiosi non sono mai soli, vivono tante vite, molte più di quelle che la natura aveva loro riservato». Mi piace molto e mi ci riconosco (sui miei difetti rimando ad altra data). Ma aggiungerei anche questa ampia citazione del filosofo e accademico francese Michel Foucault: «La curiosité est un vice qui a été stigmatisé tour à tour par le christianisme, par la philosophie et même par une certaine conception de la science. Curiosité, futilité. Le mot, pourtant, me plaît; il me suggère tout autre chose: il évoque le "souci"; il évoque le soin qu'on prend de ce qui existe et pourrait exister; un sens aiguisé du réel mais qui ne s'immobilise jamais devant lui; une promptitude à trouver étrange et singulier ce qui nous entoure; un certain acharnement à nous défaire de nos familiarités et à regarder autrement les mêmes choses; une ardeur à saisir ce qui se passe et ce qui passe; une désinvolture à l'égard des hiérarchies traditionnelles entre l'important et l'essentiel». Sottoscrivo, comprese le possibili critiche, ammesso di prendere sul serio la genia inquietante dei criticoni...