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12 apr 2018

Martin Luther King, il sogno e le montagne

di Luciano Caveri

Parlare in pubblico mi piace. Credo che ci sia una vocazione nel farlo, ma poi conta anche l'esercizio e una determinazione finale: se si vuole essere efficaci bisogna parlare a braccio e questo può avvenire - se non si usano aggeggi come il "gobbo elettronico", su cui si legge il testo fingendo speditezza e spontaneità - a condizione di conoscere l'argomento di cui bisogna parlare. Certo le cose sono molto cambiate nel volgere di pochi anni. Appartengo alla generazione dei politici che, nel corso di comizi o di celebrazioni, ha avuto ancora la possibilità di parlare nelle piazze, oggi esercizio sempre più raro. Ma anche i comizi nei teatri od in grandi sale si sono rarefatti ed esiste un'evidente influenza dei media sui comportamenti.

Se è vero che parlare in radio o in televisione è diverso dal parlare di fronte ad un pubblico in carne ed ossa, perché un pubblico va studiato mentre si parla e le reazioni sono immediate, a differenza di una telecamera e di un microfono, l'influenza dei moderni mezzi di comunicazione - "social" compresi, ormai con la loro componente di scritti e di filmati - ha portato ad una progressiva riduzione delle soglie di attenzione del pubblico. Per cui certi discorsi prolissi oggi sarebbero impensabili («sarò breve e circonciso» anche io l'ho sentito dire con brivido del prepuzio), perché si viene a noia in fretta, abituati come si è a messaggi rapidi e con pochi fronzoli, rispetto alla retorica classica del passato. Anche se naturalmente ci sono elementi sempiterni, come certe pause o silenzi, l'osservazione della platea, alternare serio e faceto, l'uso altalenante del tono di voce e via di questo passo. Uno dei grandi oratori, rievocato in questi giorni per la data del suo assassinio, avvenuto cinquant'anni fa, è il leader della popolazione di colore, faro però di tutto un mondo progressista, Martin Luther King, uno dei grandi oratori in assoluto, riprendendo tecniche che gli erano proprie dei predicatori neri. «I have a dream» («Io ho un sogno») è il titolo del discorso più famosi che tenne 28 agosto 1963 davanti al "Lincoln Memorial" di Washington, al termine di una marcia di protesta per i diritti civili, nota come "Marcia su Washington per il lavoro e la libertà" sotto la presidenza di John Fitzgerald Kennedy (che seguì il discorso in televisione, commentando: «E' dannatamente bravo!»). Fu un discorso breve, solo diciassette minuti, che è diventato però oggetto di studio. Leggo un articolo non firmato da "Focus": "La genesi di quello storico discorso nasconde però alcuni segreti che sono stati ripercorsi da Clarence Benjamin Jones, consigliere e amico intimo del reverendo, e autore del libro "Behind the Dream: The making of the speech that transformed a Nation" ("Dietro al sogno. Come è nato il discorso che ha cambiato la nazione"). «Non tutti lo sanno, ma soltanto i primi sette paragrafi del discorso erano preparati - racconta Jones - Avevamo selezionato insieme i temi e lui aveva steso il testo. Poi a un certo punto Mahalia Jackson, la grande cantante gospel che aveva aperto la manifestazione, ha iniziato a urlare: "Parla del sogno, Martin! Parla del sogno!". Ero a pochi metri di distanza e ricordo benissimo che King ha accantonato i fogli e ha preso a parlare a braccio. La parte che è entrata nella storia era in realtà improvvisata, ed è anche questa la sua forza. Con un discorso spontaneo ha espresso un concetto che si può riassumere in tre parole: "All", "Here", "Now". Vogliamo tutto, qui e ora. Non possiamo tralasciare il valore che la spontaneità e l'improvvisazione hanno avuto quel giorno»". Più avanti si citano altri testimoni: "Tra questi anche George Raveling, un ex giocatore di basket che si trovava sul palco. Fu lui a raccogliere pochi secondi dopo la fine del discorso i fogli originali che ancora oggi conserva gelosamente. «Mahalia Jackson continuava a ripeterlo "Parla del sogno, Martin!". Sembrava di essere alla messa della domenica in una di quelle "chiese gospel" nelle quali i fedeli fanno le loro osservazioni a voce alta»". Cito qualche passaggio con frasi che sono diventate utili come citazione: «Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla coppa dell'odio e del risentimento. Dovremo per sempre condurre la nostra lotta al piano alto della dignità e della disciplina. Non dovremo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Dovremo continuamente elevarci alle maestose vette di chi risponde alla forza fisica con la forza dell'anima». Eccone un'altra: «E perciò, amici miei, vi dico che, anche se dovrete affrontare le asperità di oggi e di domani, io ho sempre davanti a me un sogno. E' un sogno profondamente radicato nel sogno americano, che un giorno questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo ovvia questa verità, che tutti gli uomini sono creati uguali». Torna il tema della montagna, così legata alle Sacre Scritture: «Io ho davanti a me un sogno, che un giorno ogni valle sarà esaltata, ogni collina e ogni montagna saranno umiliate, i luoghi scabri saranno fatti piani e i luoghi tortuosi raddrizzati e la gloria del Signore si mostrerà e tutti gli essere viventi, insieme, la vedranno. E' questa la nostra speranza. Questa è la fede con la quale io mi avvio verso il Sud. Con questa fede saremo in grado di strappare alla montagna della disperazione una pietra di speranza. Con questa fede saremo in grado di trasformare le stridenti discordie della nostra nazione in una bellissima sinfonia di fratellanza. Con questa fede saremo in grado di lavorare insieme, di pregare insieme, di lottare insieme, di andare insieme in carcere, di difendere insieme la libertà, sapendo che un giorno saremo liberi. Quello sarà il giorno in cui tutti i figli di Dio sapranno cantare con significati nuovi: paese mio, di te, dolce terra di libertà, di te io canto; terra dove morirono i miei padri, terra orgoglio del pellegrino, da ogni pendice di montagna risuoni la libertà; e se l'America vuole essere una grande nazione possa questo accadere». Questa è l'America, terra piena di contraddizioni - di cui la Presidenza Trump è immagine evidente - ma anche di ideali e di speranze e purtroppo anche di omicidi politici, che spengono personalità "faro" com'è stato King.