Per l'edizione di questo sabato mi è stato richiesto di scrivere su "La Vallée notizie" tremila battute sulla situazione politica valdostana: esercizio non semplice per la comprensibile ragione di un puzzle da comporre che appare complesso e foriero di scelte di una certa rilevanza in vista della convocazione del nuovo Consiglio Valle, prevista tra poco più di una settimana. Con la solita incognita che non si sa mai, nello scegliere una strada piuttosto che un'altra, dove si arriverà con certezza e per fortuna non ci sono in giro "bookmaker". Così avviene ogni volta che deve nascere una maggioranza di governo, nei casi in cui avere numeri certi si fa complicato e obbliga a sforzi inventivi ed a riunioni a baraonda. Basti a dimostrarlo la Legislatura regionale scorsa in cui si è visto di tutto con equilibri ballerini e con strane creature - mi riferisco alle coalizioni a geometria variabile - simili ai personaggi eccentrici seduti al bar di "Guerre Stellari".
Ecco cosa penso nell'articolo pubblicato sul settimanale valdostano: «Bisogna essere politicamente corretti e fare gli gnorri per non dispiacere a nessun con un buonismo equidistante oppure è bene dire quel che si pensa e dunque essere speranzosi ma non fessi? Certo è che al momento non si può immaginare una qualche forma di réunification del mondo autonomista, che avvenga a freddo e senza convinzione, solo "per vedere l'effetto che fa", come cantava il grande Enzo Jannacci in "Vengo anch'io, no tu no". E' necessario, invece, che ci sia un progetto chiaro e definito e soprattutto che ci siano tutte le condizioni di lealtà per evitare che dietro ci sia il trucco di chi finge di inseguire il bene comune ed invece pensa solo a dove posare il proprio sedere. Ciò era avvenuto, causandone il fallimento, con il pretesto della "Constituente" per un nuovo Statuto (purtroppo ci avevo creduto!) e si è manifestato nella versione minimalista del "Rassemblement", scioltasi come neve al sole, com'era facile prevedere. Ma queste sono storie per addetti ai lavori. Perché le verità è che c'è un popolo autonomista che chiede per il futuro di gettare le basi per ricomporre ed è quel che si può cominciare a fare con giudizio. Ma perché l'operazione abbia uno sbocco finale che sia davvero onnicomprensivo bisognerebbe rimuovere le ragioni che hanno portato allo spezzettamento del mondo autonomista. Non sono stati solo personalismi, capricci o giochi di potere: personalmente ho molto sofferto di dover lasciare l'Union Valdôtaine prima e l'Union Valdôtaine Progressiste. L'ho fatto a malincuore e convinto che un giorno ci sarà di nuovo una casa comune, ma con regole nuove che evitino che il confronto sia considerato una rottura di scatole e il pluralismo venga schiacciato da scelte non democratiche e da comportamenti deprecabili di chi vuole dominare da solo la scena, causando una diaspora politica che ha indebolito la Valle d'Aosta e diviso la comunità. Ora bisogna dare governabilità, ma questo può essere considerato un passo che non impedisce a chi ci crede di lavorare per accorpare. Non è facile, ma la sfida vale la pena». Fin qui la riflessione. Se poi si vuole invece andare alle elezioni si vedrà: c'è chi ci crede davvero alla prospettiva delle urne con morte in culla del nuovo Consiglio Valle e chi fa un po' di cinema invocandole per mostrare i muscoli o far venir paura a certi riottosi, facendo le corna di nascosto per scaramanzia perché non si voti davvero. Intanto domani MOUV' si trova per una propria Assemblea a Pontey con successiva festa. Occasione utile, quella politica, per capire dove si voglia andare e che cosa voglia essere questo piccolo movimento, che si trova nel mezzo di una politica in fermento e talvolta senza reali punti di riferimento. La mia tesi è nota: i vecchi partiti burocratizzati e elettoralistici sanno di naftalina e bisogna esplorare nuove strade nel segno di minor partitocrazia e più movimento nel senso di dinamismo e attenzione a quanto di nuovo ci circonda. So quanto fra dire e il fare ci sia di mezzo il mare e già in passato molti miei entusiasmi si sono spenti per varie ragioni e questo vale soprattutto per meccanismi che contemperino discussione e partecipazione con tempi rapidi di decisione e duttilità di azioni. Ma, si sa, resto convinto che non ci sia alternativa all'impegno politico nelle sue diverse e possibili declinazioni. Si tratta - e dopo le elezioni non mancano mai i mal di pancia - di tessere rapporti con pazienza e con impegno, sapendo che non esiste il "tutto subito" e che a tenere duro nella routine di tutti i giorni - che rischia di ammazzare gli entusiasmi anche dei più passionali - restano davvero quelli che ci credono. Ma soprattutto il difficile sta nell'allargare il cerchio di chi si interessi alla Politica e all'Amministrazione: in troppi scansano l'offerta di interessarsene di persona, preferendo l'esercizio meno impegnativo del mugugno.