La storia dell'impatto politico dei migranti sulla politica interna italiana non è solo lo scontro su di una singola nave in mezzo al mare com'è già capitato e capiterà ancora, o del gruppo di persone cui il Governo italiano non ha consentito lo sbarco da una propria nave - che prende il nome dal Generale Ubaldo Diciotti - della Guardia Costiera (anche questo ricapiterà), perché quelli sono fatti che spiccano come la punta di un iceberg, ma il resto è sott'acqua ed è molto più imponente e in qualche maniera complicato. Sono anni che si cercano soluzioni che vanno dall'«aiutiamoli a casa loro» a «apriamo le porte senza troppi scrupoli» a dimostrazione che, attraverso molte posizioni intermedie, sfugge per ora la capacità politica di fare sintesi, trovando soluzioni condivise che siano razionali e non emotive. Come emotiva e rischiosa è la scelta odierna di "muro contro muro" con l'Europa, che pure ha torto marcio.
Toglietevi il gusto - ed io l'ho fatto questa estate più di una volta - di andare ad una sagra popolare, trovandovi seduti ad un tavolo tra una portata e un bicchiere e ad intavolare, per vedere l'effetto che fa, il "discorso migranti". Vedrete sul punto che interlocutori di diversissima posizione politica reagiscono in modo compatto, dimostrando preoccupazione di vario grado e un atteggiamento polemico che va dal complottismo («un evidente disegno per islamizzare l'Europa») alla preoccupazione («prima di pensare a loro, pensiamo a noi»). Sono ormai rari quelli che effettuano dei distinguo, ad esempio fra chi - perseguitato nel proprio Paese - deve godere del "diritto d'asilo" sancito dalla Costituzione e chi invece arriva, nelle braccia della malavita in Africa come in parte da noi, come migrante economico, cioè lasciando il proprio Paese nella speranza di trovare un destino migliore, quasi sempre in un Paese diverso dall'Italia dove può contare su di una rete parentale. Ancora più rari sono coloro che estremizzano da un'altra parte con discorsi di accoglienza indiscriminata, più per venatura ideologica che con soluzioni in termini di reale accoglienza e non sulla base del sistema squinternato di questi anni, che ha creato solo paure e pure malaffare con presenza di molte cooperative sociali che sono ormai imprese vere e proprie in barba all'etichetta "sociale". Traggo dall'interessante sito Le Nius: "Secondo i dati "Unhcr", tra il 1° gennaio e il 31 luglio 2018 sono sbarcate in Italia 18.196 persone, l'81 per cento in meno rispetto ai primi sette mesi del 2017. Nel mese di luglio 2018 sono arrivate 1.782 persone, mai così poche in un mese estivo degli ultimi anni: a luglio 2014, 2015 e 2016 arrivarono 24mila persone, a luglio 2017 11mila. Tra i Paesi di provenienza (dato aggiornato al 30 giugno 2018) il più rappresentato è la Tunisia (tremila persone, 19 per cento del totale) seguito da Eritrea (2,5 mila persone, 16 per cento), Sudan (9 per cento), Nigeria (8 per cento), Costa d'Avorio (6 per cento). Seguono Mali, Guinea e Pakistan. Rispetto al 2017 il dato più significativo è la crescita degli arrivi dalla Tunisia. La crescita è iniziata dalla seconda metà del 2017 ed è proporzionalmente così importante anche perché nel contempo sono drasticamente diminuite le partenze dalla Libia, da dove arrivavano le persone delle nazionalità più rappresentate nel 2017 quali Nigeria, Guinea e Costa d'Avorio. Rispetto all'anno precedente sono inoltre praticamente scomparsi i bangladesi - ne arrivarono circa diecimila nel 2017 - e sembra che l'arrivo di libici che ha segnato l'inizio 2018 si sia arrestato. Il 71 per cento delle persone arrivate sulle coste italiane è di sesso maschile, le donne sono il 10 per cento, i minori il 19 per cento - in buona parte minori non accompagnati". Ognuno dei dati può dare l'interpretazione che vuole e certo la posizione del Governo Conte di una chiusura a catenaccio ha ridotto ulteriormente gli arrivi, ma anche il precedente ministro dell'Interno, Marco Minniti, aveva già dato un giro di vite, in maniera certo più silenziosa dell'attuale inquilino del Viminale, Matteo Salvini, la cui posizione è comunque al momento vincente nell'opinione pubblica con le premesse fatte all'inizio. Aggiunge Le Nius: "Se consideriamo gli sbarchi su tutte le coste europee, tra il 1° gennaio e il 31 luglio 2018 sono arrivati via mare in Europa circa 62mila migranti. Sedicimila sono sbarcati in Grecia e 28mila in Spagna. La Spagna sta quindi diventando sempre più il Paese europeo con maggiori arrivi di migranti. Il numero delle persone in arrivo, in gran parte via mare ma in piccola parte anche via terra nelle enclave di Ceuta e Melilla confinanti con il Marocco, era già aumentato nel 2017, arrivando a 22mila persone, numero già superato a metà 2018. In Spagna arriva un'umanità varia di diverse nazionalità dell'Africa subsahariana (Guinea, Mali, Costa d'Avorio), del Maghreb (Marocco, Algeria), del Medio Oriente (Siria, Iraq). In Grecia gli arrivi sono da qualche mese assestati sui due-tremila al mese, e arrivano soprattutto siriani e iracheni che sfuggono alle maglie del controllo turco". Ai dati, lo stesso Sito, aggiunge un commento sullo scenario europeo piuttosto sconsolante: "Il concitato Consiglio europeo di fine giugno si è concluso con un documento che non dice praticamente nulla ma che ha consentito a tutti i governi di tornare dai loro elettori rivendicando di «aver fatto ascoltare la propria voce». Nell'accordo l'Europa intende percorrere la strada di istituire hotspot nei Paesi di transito, per valutare le domande di asilo in territorio africano e accogliere in Europa solo i migranti a cui viene riconosciuta la protezione internazionale. Tutti i paesi chiamati in causa - Tunisia, Marocco, Algeria, Egitto, Libia - si sono però già affrettati a dire che non apriranno nessun hotspot sul loro territorio. Rimane in piedi solo la collaborazione con il Niger, già attiva da diversi mesi, per impedire ai migranti di entrare in Libia e sperimentare la valutazione delle domande di asilo in questo Paese, come ha iniziato a fare la Francia ovviamente con un'azione unilaterale senza coinvolgere l'Europa. Non cambia nulla sul fronte del regolamento di Dublino. Non solo il regolamento non è stato modificato, ma addirittura si è stabilito che può essere riformato solo all'unanimità e non più su base maggioritaria. In sostanza i migranti dovranno continuare a chiedere asilo nel Paese di primo approdo, quindi Italia, Grecia e Spagna per chi arriva via mare". Insomma l'Europa, che proprio in una materia come questa dovrebbe trovare un denominatore comune, non ce la fa e anche il fronte sovranista, che mette assieme ad esempio Italia, Austria e alcuni Paesi dell'Est come Ungheria e Polonia, finisce sui migranti per avere politiche nazionali che si chiudono a riccio senza fare sistema, ad esempio per modificare il regolamento di Dublino, unico strumento intanto per obbligare tutti a ridistribuire territorialmente chi arriva. A poco servono atteggiamenti muscolari come la minaccia di queste ore da Roma a Bruxelles di taglio della contribuzione italiana all'Unione europea, se non a isolare l'Italia con gravissime conseguenze se si insistesse con questo strappo illegittimo. Vien da pensare che, almeno in Valle d'Aosta, per la relativa facilità di regia fra i diversi attori sarebbe interessante vedere se e come mettere in piedi sistemi più efficaci per evitare flussi causali, che non corrispondano a meccanismi funzionanti di accoglienza, distinguendo bene chi ha diritto di restare e chi no e adottando meccanismi di integrazione che certo con percentuali elevatissime di uomini soli sono oggettivamente difficili. Dirlo con chiarezza fa subito xenofobia, così come pare una scusa puerile quella di puntare l'attenzione davvero sulle ragioni dello spopolamento di Paesi africani molto diversi fra di loro, sapendo che o si rafforzeranno meccanismi di cooperazione allo sviluppo (legati non solo al controllo della spesa ma anche chiedendo rispetto di regole democratiche) o i flussi proseguiranno e non basteranno le cannoniere a fermarli.