Chissà se è solo un'impressione ma la parola "curioso" e la sua derivazione "curiosità" sembrano aver perso la loro accezione positiva e si sono tinte di colori scherzosi o maliziosi, se non in certi casi di garbata riprovazione o persino di rimprovero. Pensate per un attimo, a conferma, a quando usate l'espressione «Ma sei curioso/a...» con il punto interrogativo o esclamativo o a mezzo fra i due. Invece di "curioso" rivendico quanto di storicizzato dipinge chi è "desideroso di rendersi conto di qualcosa; insolito, singolare", derivato d quel "curiōsus" latino che designava una persona "che si interessa; avido di conoscere; accurato", visto - ecco il perché dell'ultima definizione - che è derivazione di "cūra", vale a dire "preoccupazione; sollecitudine, premura".
Ecco perché cerco di tenere sempre uno spazio per il viaggio, inteso come percorso per andare in un luogo e visitarlo, cercando appunto con curiosità di vedere che cosa si possa capire di quei luoghi e ti arricchisca per quel che scopri o anche quanto ti deluda rispetto alle tue aspettative. Certo è difficile che una meta ti possa lasciare indifferente, altrimenti meglio restare a casa, se non si è capaci a cogliere in altri posti ed in altri modi di vivere ed espressioni culturali diverse quanto di interessante si possa rapportare con noi e con la nostra vita e le nostre esperienze. D'altra parte - scusate l'ulteriore e forse pedante annotazione linguistica - viaggio viene viene dall'occitano "viatge" che deriva a sua volta da "viatĭcu(m), l'occorrente per il viaggio", legato all'aggettivo "viatĭcus, relativo alla via, al viaggio" da cui arriva anche la parola "viatico" collegato a via "strada; cammino". Torno, dopo questo giro, al punto e ad un esempio di due luoghi che mi hanno di recente arricchito. Il primo dovrebbe essere uno dei luoghi di tappa di formazione di qualunque giovane. Si tratta di parte dello spazio dove sorgevano le famose Torri gemelle a New York. Ricorderete come la mattina di martedì 11 settembre 2001 terroristi affiliati all'organizzazione terroristica di matrice fondamentalista islamica "al-Qāʿida" dirottarono quattro voli civili commerciali. I terroristi fecero intenzionalmente schiantare in una drammatica sequenza due degli aerei contro le Torri Nord e Sud del "World Trade Center" di New York, causando poco dopo il collasso di entrambi i grattacieli e conseguenti gravi danni agli edifici vicini. Il terzo aereo di linea venne dirottato contro il "Pentagono". Il quarto aereo, diretto contro il "Campidoglio" o la "Casa Bianca" a Washington, si schiantò in un campo vicino a Shanksville in Pennsylvania, dopo che i passeggeri e i membri dell'equipaggio tentarono, senza riuscirci, di riprendere il controllo del velivolo. Negli attentati morirono 2.995 persone di settanta nazionalità diverse, tra cui 343 Vigili del fuoco e sessanta poliziotti. Credo che tutti ricordino quella tragedia e bene hanno fatto le autorità americane a renderlo un emozionante luogo della memoria con un monumento eretto sul luogo di "Ground Zero". Il progetto vincente, "Reflecting Absence", selezionato nell'agosto 2006, consiste in una coppia di piscine posizionate sul luogo delle fondamenta delle Torri, circondate da muri in pietra scura su cui sono iscritti i nomi delle vittime. Esiste in questa scelta qualche cosa di esemplare, che mi ha molto colpito e mostra come certi luoghi carichi di significati abbiano un senso di ricordo e di ammonimento, rappresentato in modo efficace da quella sorta di buco nero dove precipita l'acqua delle piscine, esprimendo un senso di angoscia e di dolore. L'altro luogo, che serve per soddisfare egualmente la propria curiosità, comparandoli con le vicende caldissime e complesse del flusso dei migranti che riguarda l'Italia e l'Europa come tema caldo del dibattito politico e delle sue profonde conseguenze elettorali e direi culturali in senso lato, è "Ellis Island". Si tratta di un isolotto artificiale, costruito poco vicino alla "Statua della Libertà" con i detriti rimanenti dagli scavi della metropolitana di New York, alla foce del fiume "Hudson", nella baia di New York. Antico arsenale militare, dal 1892 al 1954, anno della sua chiusura, è stato il principale punto d'ingresso negli Stati Uniti per gli immigrati. In totale ventidue milioni passarono di lì, tanti valdostani compresi. Oggi è visitabile con musei e sistemi che consentono di vedere se qualche proprio avo passò di lì. Io avevo già verificato on line dei Caveri partiti da Genova, da Le Havre od entrati negli States dall'Argentina dove erano prima emigrati dalla Liguria. Avevo letto di questa storia del centro d'ingresso, avevo visto qualche prodotto televisivo e lo avevo - come dicevo - visitato virtualmente. Ma vederlo di persona - avendo certi posti un genius loci che ci colpisce al di là del razionale - è altra cosa, aiutati nel caso da un potente e moderno di accoglienza e di approccio museale moderno e coinvolgente che ti fa capire a fondo che cosa fu quel fenomeno migratorio eccezionale che ha forgiato una parte della multiforme identità americana. E ti pone in rapporto con fatti, avvenimenti, mentalità, organizzazione di oggi in Italia rispetto all'impatto di un fenomeno, che pur assai diverso per epoca e dinamiche, pone egualmente nel raffronta il tema dell'approccio verso il migrante. Allora si costruì a New York una macchina complessa e nella sostanza efficiente - anche se con qualche lato oscuro nell'ottusità proverbiale della burocrazia - per rispondere in modo razionale ad un problema incombente. Scenari diversi rispetto ad oggi da noi, dove invece manca un disegno e si insegue il "giorno per giorno" che crea inquietudini e alimenta incomprensioni e paure. Ecco perché viaggiare serve: per svagarsi con il corpo e con lo spirito, per godersi altri pezzi di natura, per conoscere altre civiltà umane, ma anche per abbeverarsi a luoghi simbolo come questi.