La prima volta che mi trovai per le mani un suo libro era il 2013. Si trattava di "Pista nera", ambientato sulle piste nella mia amata Champoluc. Sapevo poco dell'autore, Antonio Manzini, attore, scrittore e sceneggiatore nato a Roma nel 1964. Mi incuriosiva la scelta - che pensavo fosse temporanea ma non lo è stata - di un'ambientazione valdostana. Nel frattempo Manzini è diventato un giallista sempre più famoso e la sua consacrazione è stata sancita dalla trasposizione televisiva del suo personaggio in una serie televisiva "Rai" di grande successo, dedicata appunto al suo personaggio, Rocco Schiavone. Personalmente ho continuato a leggere i libri per la capacità di creare trame avvincenti e per i disegni sempre meglio definiti dello stesso personaggio principale, che hanno definito una logica crescente di serialità.
Per chi, invece, non lo avesse letto o visto alla televisione, si tratta un vicequestore, ruvido e sarcastico, trasferito per punizione da Roma in Valle d'Aosta, dopo aver riempito di botte uno stupratore, figlio di un politico molto influente deciso a fargliela pagare. Vive la Valle come una sorta di esilio, si lamenta del clima (Manzini descrive spesso una Valle piovosa e nevosa e sappiamo quanto non sia così) e risolve con intelligenza casi di cronaca nera, accompagnati da una vita contraddittoria: non è uno stinco di santo, ma risolve i casi in intrecci di vita che lo rendono un personaggio molto umano. Marco Giallini (nomen omen in un... giallo), l'attore che lo interpretata, ha agevolato il successo, dando un taglio intenso al "suo" Schiavone e facendone un personaggio amato a atteso. Per i valdostani nel libro è divertente scoprire luoghi e persone, spesso camuffate nei nomi, che Manzini usa per l'ambientazione e per far muovere sulla scena il suo poliziotto. Molti cognomi valdostani appaiono anche in quest'ultimo libro e ci si potrebbe divertire a scoprire se in certi casi non ci sia casualità ma un pizzico di malizia, magari innescata da qualche conoscenza locale di Manzini. Ora esce "Fate il vostro gioco" (il noto "Rien ne va plus" del croupier al tavolo della roulette). L'editore Sellerio così lo descrive: "Continua il racconto delle peripezie di un personaggio che vale la pena di conoscere: Rocco Schiavone, un coriaceo malinconico che evolve e cambia nel tempo, mentre lavora, ricorda, prova pietà e rabbia, sistema conti privati e un paio di affari. E in questo romanzo, duro, inquietante, ad altissima tensione, l'omicidio di un pensionato del Casinò di Saint-Vincent lo spinge nel mondo della ludopatia e del gioco d'azzardo". Certo che alcuni passaggi, specie nella trasposizione filmica, sarà interessante capire come verranno trattati, perché ovviamente il racconto è finzione, ma ogni tanto sfiora la realtà della cronaca e certe dichiarazioni, pur fantasiose, colpiscono. Tipo: «Tramite mutui e ricapitalizzazioni all'acqua di rose c'è un gruppo di delinquenti fra Casinò e Regione che pare si freghi un sacco di soldi ogni anno». Oppure all'epilogo della storia: «…dei figli di puttana alla Regione e al Casinò non se ne parlerà più. Sono politici, amici degli amici degli amici, è gente che vive accanto a te e al tuo direttore del giornale, col quale magari vanno a cena nel nuovo ristorante, portano i figli nelle stesse scuole e vi salutano per strada quando li incontrate. Assessori, presidenti, amministratori delegati non hanno la faccia degli assassini, si vestono bene e vanno dal barbiere. Non hanno il volto sfregiato, non dicono parolacce, gente perbene senza neanche il porto d'armi. Gente perbene, Sandra, che si intasca milioni di euro senza battere ciglio e senza spargere sangue». Non tiro in ballo la reputazione della Valle d'Aosta, perché tutta una serie di vicende manifestatesi in questi anni ed alcuni venticelli nell'aria che annunciano nuove storie mostrano che a sfregiare il volto esterno e pure interno della nostra Regione alcuni ci hanno già pensato. Così se la rappresentazione stereotipata dell'"isola felice" finiva per essere una rappresentazione disneyana della realtà, non ci si può lamentare se nella logica del "noir" ci siano elementi che uno scrittore rielabora a beneficio delle sue storie, creando un quadro non certo idilliaco. Non sarà dunque un romanzo poliziesco con questo vicequestore borderline a cambiare le cose, ma certo una qualche piccola riflessione - come allo specchio - non è male. Verrebbe da usare, per chiudere, un calembour scherzoso di Achille Campanile: «I lettori sono personaggi immaginari creati dalla fantasia degli scrittori».