Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
04 feb 2019

Sant'Orso

di Luciano Caveri

Come ogni 30 e 31 gennaio torna la "Foire de Saint-Ours", la grande manifestazione che "occupa" pacificamente le vie del centro di Aosta e questo avviene in un clima festoso che non ha eguali in nessun'altra kermesse popolare. Piace a tutti, me compreso, segnalare come si tratti di una festa millenaria, che avrebbe - uso il condizionale - attraversato i secoli e le trasformazioni della città dal Medioevo sino a questa edizione attraverso un lunghissimo fil rouge che situa in questo momento una delle radici identitarie. Sappiamo tutti, naturalmente, che esiste in questo una finzione: nulla di certo sappiamo della "Foire" se non cenni documentali e maggiori certezze ci sono più ci avviciniamo alla Storia moderna e a quella contemporanea. Resta il fatto che l'identità della Fiera attuale è fatta di ricorrenze e novità, rimasugli e invenzioni e somiglia, se la si vuole indagare, a quegli strati in cui scavano gli archeologi, trovando elementi diversi a seconda delle epoche.

Per cui l'esito attuale non è una mistificazione della realtà, ma un puzzle fatto di vero e falso, di antico e nuovissimo, di persistente e innovativo. Quel che conta, in fondo, nel mélange che si crea, è l'esito conclusivo che ne fa un'autentica forza popolare. Si tratta di una tradizione e di una abitudine per noi valdostani, ma anche un'attrazione ed un momento di convivialità per chi si infila negli imbuti delle strade del Borgo e nelle vie vicine in un pigia pigia che non preoccupa nessuno. Rubiamo una frase a Louis Aragon: «J'ai réinventé le passé pour voir la beauté de l'avenir». Per altro esistono curiose storie attorno a certe date: il 31 gennaio è uno dei giorni da sempre della "Foire" e venne votato dalla Costituente nel 1948 lo Statuto d'Autonomia, così come il 7 settembre è San Grato, patrono della Diocesi, e venne promulgato il Decreto Luogotenenziale del 1945. Che i Santi ci abbiano messo lo zampino? Lo scrittore Antonio Borrelli sul sito santiebeati.it : «Così sappiamo che quasi certamente era un presbitero aostano, vissuto fra il Quinto e l'Ottavo secolo; aveva il compito di custodire e celebrare, nella chiesa cimiteriale di San Pietro. Questa figura di custode e celebrante di una determinata cappella o chiesa cimiteriale, era molto diffusa nei secoli passati e a volte, quando questi edifici si trovavano in zone più isolate, questi custodi-celebranti prendevano il nome di eremiti, ai quali si rivolgevano i fedeli per le loro necessità spirituali». E infine: «Il culto di Sant'Orso, assai diffuso nella Vallée già attorno all'anno Mille, dal XII secolo raggiunse anche le vicine diocesi di Torino, Vercelli, Novara, Ivrea (dove sorse poi l'ospizio che porta il suo nome); il culto si diffuse poi anche in Savoia, ad Annecy e nel Vallese». Di "Sant'Orso" ce ne sono più di uno: Sant'Orso di Aosta, monaco e presbitero, vissuto in Valle d'Aosta (ricorrenza 1° febbraio), Sant'Orso di Ravenna, vescovo di Ravenna (ricorrenza 13 aprile), Sant'Orso di Toul, vescovo di Toul (ricorrenza 1° marzo), Sant'Orso, abate di Loches (V-VI secolo, ricorrenza 27 luglio), Sant'Orso, vescovo di Troyes (ricorrenza 27 luglio) e Sant'Orso di Auxerre, vescovo di Auxerre (ricorrenza 30 luglio). Insomma un certo ingorgo. Sono plurimi di conseguenza anche i Comuni: comincio con Santorso, Comune in Veneto in Provincia di Vicenza, c'è un Saint-Ours, Cnella regione Montérégie in Québec, in Francia, un Saint-Ours è Comune nel dipartimento del Puy-de-Dôme ed un altro Saint-Ours, Comune nel dipartimento de la Savoie (entrambi in Auvergne-Rhones-Alpes). Esiste anche in Svizzera un Saint-Ours, nome francese di Sankt-Ursen, Comune nel distretto della Sense (Canton Friburgo). Intanto guardiamo il cielo, ricordando che il Santo è sul calendario per il 1° febbraio: in patois francoprovenzale si dice: «Se feit cllier lo dzor de sèn-t-Or, l'or baille lo tor et dor euncò pe quarenta dzor». in italiano: «Se fa bello il giorno di Sant'Orso, l'orso gira il suo pagliericcio (lo fa asciugare) e dorme per quaranta giorni ancora». Ciò significa che la primavera è destinata a tardare per altri quaranta giorni. Che poi tutti noi, semmai, speriamo che nevichi in quest'inverno avaro di precipitazioni: una preghiera va indirizzata a Sant'Orso. Un'ultima annotazione: per quanto la politica sia un virus inoculato nei valdostani trovo apprezzabile che, almeno per Sant'Orso, ci sia una specie di "pax olimpica", che consente battute e sfottò anche in mezzo alla folla, ma in un clima allegro senza fare dell'occasione un terreno di scontro.