Anche il federalista più convinto - ed io resto persuaso che questa sarebbe la strada giusta - sa bene che la "grande" politica estera è un compito dello Stato anche in un sistema federale, anzi nel quadro europeo ci vorrebbe, perché questo è lo spirito del principio di sussidiarietà, un ruolo importante di una politica comune espressa dall'Unione europea. Ma viviamo tempi grami, perché riappare sulla scena il nazionalismo "cattivo", chiamato "sovranismo", su cui mi soffermerò. Partendo da due esempi concreti: la posizione ambigua del Governo italiano sul Venezuela, che ha impedito - per via dei "pentastellati" che simpatizzano per il dittatore venezuelano Nicolás Maduro - un fronte europeo compatto, anche se poi Matteo Salvini ha detto il contrario del suo alleato di Governo in questo gioco a tenere il piede in due scarpe caratteristico di questo strano Governo Conte.
Il secondo è questo eccentrico incontro del duo "Di Maio - Di Battista" che butta a mare ogni logica diplomatica, andando a Parigi a incontrare Christophe Chalencon, il discutibile e verbalmente violento esponente dei "gilets jaunes" francesi. Roba mai vista e frutto anche dell'ambiguità di questo famoso "sovranismo". Giorni fa "Il Post" riassumeva bene questo aspetto di un'idea che non è per nulla omogenea: «"Sovranismo" è una parola arrivata da pochissimo nel dibattito pubblico italiano (la "Treccani" l'ha inclusa nel suo dizionario soltanto nel 2017) ma in breve è diventata onnipresente, adottata per descrivere fenomeni politici nuovi che un nome non ce l'avevano ancora e non solo: il noto centro studi "Censis" ha inventato la categoria psicologica di "sovranismo psichico" per descrivere il supposto stato emotivo nel quale si troverebbero gli italiani in questo momento storico. Nel frattempo giornali e televisioni la usano quotidianamente come una sorta di "categoria pigliatutto" per mettere insieme partiti e leader politici all'apparenza eterogenei: dalla Lega di Matteo Salvini ai partiti al governo in Ungheria e Polonia, dal "Rassemblement National" di Marine Le Pen in Francia (il vecchio "Front National") allo "Ukip" britannico, passando per il presidente statunitense Donald Trump e persino per quello brasiliano Jair Bolsonaro (il tutto, però, avviene in Europa e in particolare in Italia: nel mondo anglosassone la parola "sovranismo" è praticamente sconosciuta e per riferirsi a questi leader e movimenti si usano termini come "nazionalisti", "populisti", "ultra conservatori" o, più semplicemente, "estrema destra"). L'esatta origine della parola "sovranismo" è ancora discussa, ma si ritiene che nella sua moderna accezione sia nata in Francia alla fine degli anni Novanta, quando alcuni scienziati politici la presero in prestito dal nome del movimento per l'indipendenza del Quebec dal Canada e la utilizzarono per descrivere il crescente euroscetticismo di numerosi partiti e leader politici francesi, resi in quegli anni particolarmente agguerriti dalla creazione dell'euro e dai progetti di ulteriore integrazione politica nell'Unione Europea». Poi l'articolo entra ancora di più nel merito: «I "souverainist", come vennero ribattezzati, erano "euroscettici" favorevoli a mantenere la propria moneta nazionale e contrari a qualsiasi ulteriore cessione di potere statale alle istituzioni europee. In quegli stessi anni il termine comparve per la prima volta sui media italiani, dove venne utilizzato sporadicamente per definire le prime pulsioni euroscettiche della Lega Nord di Umberto Bossi. Sia in Francia che in Italia, però, "sovranismo" restò per più di un decennio una parola confinata alle riviste e ai circoli accademici e ai margini della vita politica. Le cose cambiarono quando la crisi economica del 2008 e la sua gestione da parte delle autorità europee provocarono una nuova ondata di diffidenza verso l'Europa e le sue istituzioni. Nel 2012 Marine Le Pen fu la prima politica europea di primo piano ad annunciare la nascita di una coalizione "souverainiste e patriote", "sovranista e patriota". Con l'uso di quella parola Le Pen puntava a rinnovare l'immagine del "Front National", ritenuto fino a quel momento un partito autoritario, neofascista e incompatibile con i valori repubblicani, ma allo stesso tempo mantenere un collegamento con il suo storico elettorato nazionalista e radicale». Poi il "caso italiano": «Anche in Italia il termine iniziò a diffondersi grazie a una destra che cercava di rinnovare la sua immagine mantenendo intatte le sue radici. I primi a utilizzarlo furono i leader della destra sociale alla ricerca di un nuovo contenitore politico (il primato spetta probabilmente a Francesco Storace e Gianni Alemanno, che dopo varie peripezie hanno fondato il "Movimento nazionale per la sovranità") Anche "CasaPound" cercò di riciclare la sua immagine creando "Sovranità", un movimento che si presentò alleato con la Lega di Matteo Salvini alle elezioni regionali del 2015. Quello che è oggi identificato come il "sovranista" per eccellenza, Matteo Salvini, ha avuto in realtà un rapporto controverso con questo termine. Diventato segretario della Lega alla fine del 2013, Salvini radicalizzò la linea del partito, puntando tutto sull'uscita dall'euro, il tema "sovranista" per eccellenza, e sull'alleanza con i piccoli partiti dell'estrema destra. In quei mesi i giornali iniziarono a parlare della trasformazione "sovranista" della Lega (un termine che sui giornali sarebbe stato inserito tra virgolette ancora molto a lungo) ma Salvini si guardò bene dall'utilizzare pubblicamente quell'etichetta che per molti dirigenti e militanti era inevitabilmente associata alla difesa del potere assoluto dello Stato centrale - cioè "Roma ladrona" - a cui i leghisti erano da sempre ostili. Tra il 2015 e il 2016, dopo il successo delle elezioni regionali del 2015, Salvini riuscì a liberarsi dei suoi avversari interni nella Lega: l'allora presidente della Lombardia Roberto Maroni, favorevole a un autonomismo "maturo" e moderato, e il sindaco di Verona Flavio Tosi, che puntava a trasformare la Lega in un tradizionale partito di centrodestra. Nel maggio del 2017, poco dopo aver stravinto il congresso della Lega battendo il suo avversario sostenuto da Maroni, Salvini poté finalmente annunciare che la Lega era diventata un vero e proprio "partito sovranista e lepenista", e che chi pensava che questo fosse in contrasto con le sue tradizioni era stato definitivamente sconfitto». In effetti l'asse con Marine Le Pen resta solido, ma sul sovranismo come comune denominatore restano dubbi: «Quanto il successo di Salvini, Le Pen e gli altri leader "sovranisti" sia anche un successo del "sovranismo" come ideologia rimane molto dubbio. I leader polacchi del partito Diritto e Giustizia, per esempio, sembrano molto poco "sovranisti" nel loro sostegno alla "Nato" e nella loro volontà di continuare a ricevere ampi sussidi dall'Unione Europea, e nella loro volontà di continuare a ricevere ampi sussidi dall'Unione Europea, al punto da bloccare una controversa riforma della giustizia che avrebbe rischiato di produrre sanzioni economiche. "Sovranismo" sembra inoltre una definizione riduttiva per leader come l'ungherese Viktor Orbàn, la cui visione di "democrazia illiberale" è molto più ampia e radicale della semplice difesa delle prerogative dello stato nazionale. Gli stessi Salvini e Le Pen sono sembrati sempre meno "sovranisti" man mano che si sono avvicinati alle più importanti elezioni dei loro paesi. Entrambi hanno abbandonato l'idea di uscire dall'euro e Salvini, durante i suoi primi sei mesi trascorsi al governo, è sembrato allontanarsene ulteriormente. Nessun leader "sovranista" ha oggi un progetto concreto di riforma dell'Unione Europea né tanto meno esiste un programma politico condiviso tra partiti di diversi nazioni. Anzi, quando il governo italiano ha tentato di portare al Consiglio dell'Unione Europea le sue istanze "sovraniste" sulla legge di bilancio, i suoi "alleati sovranisti" sono stati tra i primi a richiamarlo al rispetto delle regole comuni. Quello che invece i "sovranisti" sono riusciti a fare una volta arrivati al governo (e quello su cui sembrano più concentrati quando non ci riescono) ha poco a che fare con il "sovranismo" e molto con i programmi tradizionali della destra radicale». In effetti così sembra essere e in Italia resta un "sovranismo" addirittura bicefalo e bicolore: esiste un "sovranismo verde Lega" (che farebbe bene a riflettere sulle sue radici federaliste) e uno giallo "Cinque Stelle", cui si aggiunge l'estrema destra "sociale" e pure frange della sinistra estrema antieuropea a modo suo. Bel pasticcio...