Ho sempre scritto che l'affollamento della ormai mitologica "area autonomista" sta raggiungendo in Valle d'Aosta livelli ormai grotteschi. Sarà necessario avere, andando avanti così, una sorta di carta geografica esplicativa con tanto di legenda, cui allegare anche un albero genealogico che illustri gli spostamenti nel tempo degli uni e degli altri. E' indubbio che ci siano persone che si sono mosse negli anni da dov'erano in origine per nobili ragioni e non per colpi di testa, ma ci sono anche furbastri di lungo corso alla ricerca di nuove strade, perse le vecchie certezze, e spesso si accodano loro truppe mercenarie che seguono solo il filo dei propri interessi. In più questa varietà di soggetti politici non solo fragilizza il pensiero autonomista, ma lo trasforma nella misura in cui molti che scelgono questa direzione - magari a zigzag - lo fanno solo nella considerazione che il brand autonomista piaccia e dunque si impadroniscono di idee e di pensieri nobili, ma con un loro uso spregiudicato da specchietto per le allodole, non credendoci affatto. Spesso non c'è neppure uno straccio di background per giustificarlo, se non l'ambizione di entrare nell'agone politico o di restarci ancora sine die.
Mi immagino da solo l'obiezione: «parli tu che, dopo una lunga militanza nell'Union Valdôtaine, sei stato fra i fondatori dell'Union Valdôtaine Progressiste e poi di MOUV'». Allora comincio da qui. E' vero che questo è avvenuto nell'arco della mia vita, ma per una sola ragione: l'eccesso di potere, il sistema di governo ed i comportamenti di Augusto Rollandin. E' certo che fu lui nel 1987 a proporre di candidarmi ed accettai anche per l'ammirazione e la considerazione che avevo per questo giovane leader. Ma, costruito un mio lungo cammino nelle Istituzioni, questo legame mutò nel tempo fino ad una rottura dovuta a un'evidente incompatibilità per una diversa e ormai inconciliabile idea della politica. Quando UVP, nata come alternativa proprio a questo, cedette per posti di governo alle sirene del "rollandinismo", senza alcun rispetto per gli elettori, me ne andai ed immaginai con altri (ma il logo nella sua interezza è stata una mia idea) di restare nel sentiero della coerenza. Nei movimenti politici contano le persone che ci vivono dentro e mostrano la loro correttezza attraverso il progetto che ha giustificato la scelta che ha fatto da scintilla, altrimenti si fa altro. Ho scritto, tempo fa, di come - rispetto alla numerosità di forze autonomiste nate in Valle d'Aosta (l'ultimo è il movimento di Emily Rini definito "Front Valdôtain" con evidente occhiolino già come nome "Front" e come grafica alla Destra del possibile accordo Toti - Meloni) - non me la senta di dare patenti di autonomismo agli uni o agli altri. E un amico mi ha scritto che faccio male a non farlo, perché per storia familiare, per conoscenze acquisite e per bagaglio culturale dovrei evitare certa falsa modestia e perciò dovrei svolgerlo senza complessi questo esercizio di distinguere vero e falso, trattandosi di dovere civico verso questa insensata moltiplicazione dei pani e dei pesci. In realtà farlo non richiede grandi sforzi: basta davvero guardare alla storia personale di chi si propone. Viviamo infatti in una piccola comunità in cui, nel bene delle corrette informazioni e nel male di pettegolezzi e maldicenze, siamo in grado di ricostruire facilmente comportamenti e percorsi di ciascuno. Da questo "chi sono" e "da dove arrivano" si gioca molto della possibilità di disvelare chi ha dimostrato coerenza ed onestà nelle scelte da chi occupa l'area autonomista per fini poco nobili e per far corrispondere al proprio sedere una sedia. E' facile vedere chi fa Politica perché non ha un altro lavoro e pur di restarci è pronto a tutto. Chi predica bene e razzola male. Chi usa maschere e chi ha un volto, chi conosce i problemi da risolvere e chi no, chi arranca con la cultura e chi ha un bagaglio serio. E avanti di questo passo, come può fare qualunque cittadino consapevole che non si vuol far menare per il naso e che dunque capisce chi ha sposato l'autonomismo per convenienza e persino per un banale "così fan tutti". Opportunismo d'accatto singolo o di gruppo contro un patrimonio vero da vivere e salvaguardare, che certo prevede ora uno scatto, fatto di riflessioni serie sul da farsi senza fughe in avanti di vertice, che eludano la partecipazione popolare, e senza pensare che tutto si esaurisca nelle elezioni. Un percorso serio e non frullatori dove si mettono assieme beveroni scipiti eviterebbe che resti tutto soltanto apparenza senza sostanza, accelerando la decadenza.