Mi ha sinceramente impressionato come - a parte quegli imbecilli di complottisti che non credono che l'impresa sia avvenuta - si sia celebrata in modo corale ed universale lana spedizione del luglio del 1969, quando gli americani arrivarono sulla Luna. Pagine e pagine dei giornali e reportage televisivi e radiofonici di vario genere, oltreché le manifestazioni le più varie, hanno illustrato questa impresa, rimasta impressa nella memoria di chi la seguì all'epoca, ma anche chi è nato successivamente è sembrato ammaliato da questa storia di un progetto vincente. Ho visto, avendolo perso a suo tempo, il film "First Man - Il primo uomo", del regista Damien Chazelle con Ryan Gosling nella parte di Neil Amstrong e di Claire Foy in quello della moglie del primo astronauta che scese sul suolo lunare.
Sono loro i primi protagonisti nella parte iniziale del film, quando Armstrong, ingegnere americano e aviatore statunitense, perde per un tumore la sua bambina di due anni, Karen. Siamo nel 1962 e il protagonista, vessato dal dolore, sceglie una nuova avventura: viene selezionato nel quadro del programma spaziale "Gemini", di cui fa impressione vedere il livello tecnologico quasi artigianale rispetto ad oggi, a soli cinquant'anni di distanza, a dimostrazione dei giganteschi passi avanti delle diverse scienze applicate all'astronautica. Il dramma familiare permette di scoprire che cosa ci sia dietro l'eroe celebrato dalla Storia e come quel suo carattere serio e riservato sia una chiave di lettura di un coraggio per nulla sbruffone, come quando spiega ai due figli i rischi reali di non tornare dal tentativo di raggiungere la Luna. Neil Alden Armstrong era nato nel 1930 a Wakaponeta, cittadina agricola dell'Ohio. Pilota della Marina, venne assunto, da civile, da quella che sarebbe diventata la "Nasa", come pilota di prova per arei sperimentali d'alta quota. Divenne, come dicevamo, astronauta, dimostrando tutte quelle doti che poi lo fecero diventare capomissione per il viaggio verso la Luna e di cui il film offre documentazione, ricostruendo il suo percorso sino alla missione decisiva in cui fu appunto il primo uomo sulla Luna. Nel 1971 lasciò la "Nasa" e, malgrado le offerte e vista la sua popolarità, non entrò mai in politica, continuando a lavorare nel campo del volo aereo e continuò a volare. Morì il 25 agosto 2012, per le complicazioni di un'operazione al cuore assai probabilmente per un errore causato da un'emorragia. Il film va visto, specie da parte di chi - come me - ha avuto il privilegio di vivere da bambino quell'esaltazione per un'impresa che ci faceva dire: «Vorrei fare l'astronauta». Quell'impresa, nell'inseguimento fra Stati Uniti ed Unione Sovietica per la conquista dello spazio, ebbe un valore simbolico a chiusura di quegli anni Sessanta intrisi di speranze e benessere economico. Il viaggio verso Marte sarà il simbolo degli anni a venire?