Seguo il grande critico letterario Bernard Pivot su "Twitter", dove pubblica di tanto in tanto pensieri in pillole (direi "fulminanti", ma anticiperei le cose...), tipo: «Devant l'orage qui gronde, qui menace, qui obscurcit le ciel, mais qui éclate ailleurs, comment ne pas retrouver les peurs, puis les déceptions de notre enfance?». Non credo di aver mai avuto davvero paura - come invece capitava ai miei cani - ma forse era un alibi per cercare coccole consolatorie e trovo che da genitore che mai bisogna lesinare ai bambini, che un giorno non le vogliono più e noi mamme e papà ci troviamo d'improvviso senza più questa loro carica di energia pulita e quella fisicità che finiamo per rimpiangere. Mi veniva in mente la cronometrica puntualità in certe stagioni estive di quei temporali estivi alpini che riempivano il cielo, che era limpido la mattina. Come se qualcuno decidesse, a fine giornata di fare una ripulita, in vista dell'indomani.
Da piccino mio papà mi spiegava questa storia dei lampi e dei tuoni mostrandomi il cielo dalla finestrella della casa in montagna. Si trattava di contare i secondi che trascorrevano fra la vista del fulmine l'ascolto del rombo del tuono. I più tecnologici e precisi, possono utilizzare anche un cronometro. Non appena si vede il lampo, bisogna iniziare a contare i secondi. Appena sentiamo il tuono il conteggio si ferma. Luce e suono hanno velocità molto diverse: se la luce percorre quasi 300mila chilometri al secondo, il suono si propaga nell'aria alla velocità di un chilometro ogni tre secondi. Per questo motivo i secondi che passano tra il lampo ed il tuono vanno divisi per tre. Il risultato ci fa capire a che distanza è caduto il fulmine. L'altra sera guardavo lo spettacolo impressionante di un grande temporale che si spostava da Aosta verso la bassa Valle con una serie di fulmini che parevano uno spettacolo pirotecnico e venivano in mente quei versi di Eugenio Montale: «Il lampo che candisce alberi e muro e li sorprende in quella eternità d'istante». Come non pensare al segno di potenza di Zeus, il Dio dei Greci, così magistralmente descritto dalla "Treccani": "Le alte vette dei monti addensano le nubi e provocano fenomeni meteorici e precipitazioni atmosferiche; ond'è naturale che Zeus, il quale dalle sue alte sedi regnava sulla terra e sulla vita degli uomini, fosse indicato come l'autore di quelle manifestazioni della natura. Egli è perciò "adunator di nembi e di tempeste" ("νεϕεληγερέτα", "κελαινεϕής") e dispensatore della pioggia benefica ("ὄμβριος", "νάιος"); egli determina il succedersi, in cielo, della luce e dell'oscurità, egli suscita i venti benefici e prosperi e gli uragani: ma egli è anche il signore del fulmine ("τερπικέραυνος", "κεραύνιος"), l'arma sua irresistibile, alla quale egli dovette la sua vittoria in cielo, sui Titani e sui Giganti, e che gli assicura il dominio dell'universo. Per questo, Zeus stesso era pensato in forma di fulmine, e si credeva che come fulmine egli scendesse sulla terra". Anche se poi, come sempre, l'umanità sa trovare anche per le cose più temute espressioni liete, come il romantico "colpo di fulmine" o l'ironico "non è un fulmine di guerra" o l'ambivalente "fulmine a ciel sereno". Resta di sicuro qualche cosa di profondo, di animale, fatto di paure e di attese per i temporali. Ricordo - a proposito di sensazioni spiegabili - che Karl Smallwood sul sito "Gizmodo" svela con metodo scientifico come «Il proverbiale profumo di pioggia è dovuto a una serie di reazioni chimiche e fisiche (...) Quella che ci fa dire di sentire profumo di pulito soprattutto dopo un temporale, è l'ozono. Le molecole di ozono sono formate da tre atomi di ossigeno. Ha un odore pungente che ricorda abbastanza quello che si sente in piscina a causa del cloro, disciolto in acqua come disinfettante. I fulmini che si formano durante i temporali possono causare la rottura delle molecole di azoto e di ossigeno, portando alla formazione dell'ozono, che viene poi portato a bassa quota dalle correnti che si formano tra le nuvole. Per questo motivo molte persone avvertono il profumo della pioggia ancora prima che arrivi, soprattutto d'estate, perché l'ozono può essere trasportato dai venti a grande distanza e precedere l'arrivo del temporale. Il naso umano riesce a distinguere facilmente la presenza dell'ozono nell'aria. In media basta che siano presenti dieci parti di ozono per miliardo per percepire l'odore di pioggia». Pare che i cambiamenti climatici renderanno - e lo vediamo già - ancora più aggressivi i temporali estivi e ci si dovrà abituate a convivere ed a prevenire i danni di queste esplosioni violente e persino fantasmagoriche, ma certo mai da sottostimare per la loro pericolosità.