Ci sono argomenti seri che è meglio affrontare con tono ironico ed esiste quella forma positiva di introspezione che è l'autoironia, che dovrebbe essere la capacità di sorridere di sé stessi e dei propri difetti. Ed è bene riflettere spesso sui propri difetti e non solo su quelli che noi stessi consideriamo come i nostri pregi. Ci sono circostanze in cui mi dico che sarebbe meglio, prima di parlare, contare sino a cento per evitare di agire d'impulso. Eppure mi è capitato, in alcuni casi, di cadere nell'ira, che dovrebbe più o meno essere "alterazione dello stato emotivo che manifesta in modo violento un'avversione profonda e vendicativa verso qualcosa o qualcuno". Violenza verbale non fisica, naturalmente. Dante Alighieri poneva all'Inferno gli autori di questo vizio capitale e non a caso gli iracondi, nella loro punizione, sono immersi nel fango dello Stige e si colpiscono continuamente a vicenda, con schiaffi, pugni, morsi, che non è una grande situazione, ma certo nelle sofisticate punizioni del Sommo Poeta c'è di peggio.
Ma l'aspetto positivo dell'esame dei propri comportamenti, quando e se si matura per via di qualche briciolo di saggezza derivante dall'età, è che si è messi in grado di riflettere su certi perché non bisogna arrabbiarsi. Aggiungi i numerosi sinonimi che ognuno può scegliere a piacimento e che qui elenco da dizionario per annotarne le sfumature: "adirarsi", "andare in collera", "esacerbarsi", "inalberarsi", "incavolarsi", "incazzarsi", "incollerirsi", "andare in bestia (o su tutte le furie)", "dare in escandescenze", "imbestialirsi", "infuriarsi", "inviperirsi", "uscire fuori dai gangheri", "alterarsi", "innervosirsi", "inquietarsi", "irritarsi", "sdegnarsi", "stizzirsi". Il mondo della politica è quello dove ho vissuto di più professionalmente e ci bazzico ancora per passione (forse insana di questi tempi). E' un ambiente dal punto di vista umano, perché specchio della società di cui gli eletti in particolare sono espressione. Per questo c'è di tutto, nel senso che non manca nulla dei vizi e delle virtù con cui normalmente cataloghiamo l'umanità che ci attornia. Bazzicare nel mondo politico permette di acquisire una sorta di campionario e mi sono convinto - in tema di ira da domare - che si debba in particolare fare attenzione alla categoria dei provocatori. Dante li chiama con maggior precisione «i seminatori di discordie». Sonoi dannati della IX Bolgia dell'VIII Cerchio, la cui pena è mostrata nei Canti XXVIII e XXIX dell'Inferno: sono orrendamente mutilati da un diavolo armato di spada, che li fa a pezzi come essi hanno creato ad arte lacerazioni in campo politico, religioso, sociale; prima che siano tornati davanti al demone avendo compiuto un giro completo della Bolgia, le ferite si sono rimarginate. A personalità così va talvolta a pennello il termine francese di "agent provocateur", che definisce chi si insinua in un gruppo con cui non c'entra nulla per poi screditarlo. E' davvero questo un caso di scuola in cui l'ira non serve, perché serve solo ad illuminare la scena per chi non la merita e adopera meccanismi di offesa per avere un palcoscenico che altrimenti non avrebbe. Ecco perché bisogna contare sino a cento e pensare che "un bel tacer non fu mai scritto". Il silenzio evita il vantaggio, se si reagisce, di creare un effetto eco che avvantaggia chi non ha argomenti ed adoperando la polemica si pone al centro di un'attenzione che non avrebbe per meriti propri e delle proprie azioni. Per cui l'ira va spenta a vantaggio del suo contrario, vale a dire il difficile esercizio dell'imperturbabilità. Facile a dirsi, difficile a farsi, ma molto salutare.