Il "Festival di Sanremo", con i suoi settant'anni, è diventato un caposaldo nel corso dell'anno. Se non si può essere irriverenti comparandolo alle feste comandate, è certo che si tratta ormai di un'abitudine radicata, una sorta di messa cantata. Nel mio caso ho passato diverse fasi, conseguenti a tappe della mia vita. Da bambino era un passaggio obbligato, magari non stando la sera davanti al televisore, quanto piuttosto ascoltando i successi sanremesi per radio, allora monopolio "Rai", e si imparavano le canzoni a memoria con appositi libretti in vendita e si sappia che all'epoca si cantava molto di più! Facciamo un gioco per capirci, cominciando dal mio anno di nascita e dal commento di quel Festival del giornalista e scrittore Vincenzo Pitaro: «L'anno della grande svolta fu il 1958 che, peraltro, fu anche l'anno del perbenismo esasperato. Domenico Modugno, che s'era, fatto conoscere con curiose canzoni popolate di svegliette e di donne ricce si presentò con "Nel blu dipinto di blu" e stravinse in coppia con il giovanissimo Johnny Dorelli, facendo gridare al miracolo».
Ma ora scendo sui ricordi personali. Avevo dieci anni e ricordo bene quel Festival del 1967, quando si uccise Luigi Tenco ed i cantanti in gara - con i loro 45 giri da mettere nei mangiadischi - erano vecchie conoscenze come i vincitori, Claudio Villa ed Iva Zanicchi con "Non pensare a me" e come Bobby Solo, Domenico Modugno, Fred Bongusto, Giorgio Gaber, Orietta Berti (citata da Tenco nel suo biglietto d'addio come esempio del fallimento della sua musica). Ma c'erano esordienti che segnarono l'epoca, come "I Giganti", Peppino di Capri, Mino Reitano, Caterina Caselli, Memo Remigi, Antoine e Dalida (già famosa in Francia e compagna del povero Tenco). Facciamo un balzo di dieci anni, quando di anni ne avevo venti! A presentare era lo stesso Mike Bongiorno di dieci anni prima e vinsero gli "Homo Sapiens", poi spariti come altri vincitori del Festival, con "Bella da morire". Era la prima edizione svoltasi non più nel Casinò di Sanremo, ma nel modesto cinema-teatro "Ariston", che poi è diventata la sede definitiva e fu anche la prima volta che la "Rai" passò dal bianco e nero alle riprese a colori. A scorrere l'elenco dei partecipanti si resta basiti: la maggior parte si sono dimostrate meteore poi sparite dalla scena. Spiccano solo Donatella Rettore e i "Matia Bazar", segno della crisi del Festival di quegli anni. Passiamo al 1987 - maledizione avevo solo trent'anni! - ed annoto come in quel tempo, ma avevamo cominciato già nella seconda metà degli anni Settanta, guardare alla televisione il Festival, specie nella serata finale, era un classico da cena goliardica per prendere per il sedere canzoni e look in un memorabile clima ridanciano. A presentare quell'anno era stato l'inossidabile Pippo Baudo ed a vincere il trio Gianni Morandi, Enrico Ruggeri ed Umberto Tozzi con "Si può dare di più". Durante il Festival, ormai infarcito di ospiti stranieri, giunse come segno dei tempi - la morte di Claudio Villa. Per la prima volta a sondare gli ascolti spuntò la famosa "Auditel". Fra i cantanti cito la coppia - che torna quest'anno - di Al Bano e Romina, così come avverrà con i "Ricchi e Poveri" allora all'Ariston con big come Patty Pravo e Toto Cutugno. Rompo la logica del decennio, perché nel 1995, avevo allora 36 anni, partecipai a Sanremo - non in gara ovviamente - con un gruppo di parlamentari con il brano "Cosa sarà", che è rinvenibile, pur ormai in pessime condizioni del video, sul Web. Lasciai Sanremo la sera dell'esibizione in diretta televisiva ma con la stampella del playback, perché a Torino avevo un convegno l'indomani sulla donazione degli organi! A presentare era il solito Pippo Baudo e a vincere fu Giorgia con "Come saprei". Sul palco c'erano artisti noti, come Gigliola Cinquetti, Ivana Spagna, Drupi, ma anche chi avrebbe spiccato il volo come Andrea Bocelli e Fiorello, ma anche il compianto Giorgio Faletti. Eccoci ai miei cinquant'anni e dunque al Festival del 2007 con il solito Pippo Baudo alla conduzione. A vincere fu Simone Cristicchi con "Ti regalerò una rosa" e c'erano vecchie conoscenze come Milva, Nada, Fabio Concato e una serie di cantanti "usa e getta". Fu un'edizione mortalmente noiosa e negli anni dopo si cercarono nuove formule, che direi hanno abbastanza funzionato. Ormai, compresa l'edizione dello scorso anno per i miei sessant'anni, guardo in modo episodico il Festival con lo stesso spirito ironico e spesso sarcastico di tanti anni fa, guardando non solo la televisione ma occhieggiando ai commenti su "Twitter" che rendono spassosa ogni esibizione per via dei commenti in diretta dei telespettatori-commentatori. Ma Sanremo resta Sanremo, un'abitudine che rimane fra alti e bassi, polemiche e successi, pettegolezzi e musica, canzoni belle e brani orribili. In fondo un rito, certo ripetitivo, ma la cavalcata nel tempo che ho proposto dimostra come molto sia rimasto uguale ma altro è cambiato in profondità nello specchio della società italiana, che è il Festival.