Penso che una delle conseguenze più belle del leggere i libri sia l'innamorarsi delle parole e del loro uso. Poi - intendiamoci - abbraccerei Mattia Feltri e la sua rubrica della prima pagina de "La Stampa", che ieri irrideva a chi piagnucola sulla chiusura delle librerie e compra i libri su "Amazon" o esalta la lettura dei libri con eccessivi svolazzi retorici sugli esiti sempre positivi di questo esercizio intellettuale. Feltri inchioda tutti ad un realismo implacabile, quando affonda così la lama: «Leggete, ragazzi, leggete e sarete uomini migliori. E fra tutte le retoriche a cui cedo, a questa magari resisto. Pol Pot, uno dei più spettacolari macellai del Novecento, studiò alla Sorbonne e si avvoltolò nell'esistenzialismo sartriano. L'assassino di massa Mao Zedong esordì alla vita pubblica da bibliotecario (e si bevve tutto Marx). Adolf Hitler si portò fino nel bunker una parte della sua biblioteca di sedicimila volumi. L'ayatollah Khomeini si ingozzò di letture durante l'esilio parigino, preparando la dittatura della sharia. Lenin adorava Tolstoj, Dostoevskij e soprattutto Cechov. Qualche estrosa eccezione dimostra che i libri non rendono migliori. I libri semmai danno più strumenti per capire e dunque scegliere, anche il male maggiore».
Pensavo così ad una nobile parola affondata nel fango dell'ipocrisia: si tratta del termine "responsabile". Se prendiamo un dizionario il nuovo uso di cui dirò ancora non appare nel suo utilizzo velenoso. Leggiamo "responsabile" dalla "Treccani": "da "responsum", supino di "respondēre, rispondere" (propriamente "che può essere chiamato a rispondere di certi atti"), sull'esempio del francese "responsable". Aggettivo e sostantivo maschile e femminile, che risponde delle proprie azioni e dei proprî comportamenti, rendendone ragione e subendone le conseguenze: ognuno è responsabile delle proprie azioni, degli atti che compie; sei tu responsabile (o anche, come sostantivo, il o la responsabile) di quanto è accaduto; essere responsabile di fronte alla propria coscienza, davanti a Dio, verso la società, di fronte alla legge. Nell'uso giuridico, riferito a un soggetto che è chiamato a rispondere della violazione colposa o dolosa di un obbligo: i responsabili sono stati puniti; essere responsabile civilmente, amministrativamente, penalmente, di un danno a terzi o allo stato, di lesioni colpose, di un incidente mortale; ogni pubblicazione periodica deve avere un direttore o redattore responsabile (chiamato anche, nell'uso giornalistico, gerente responsabile). Che risponde personalmente dell'esecuzione dei compiti e delle mansioni affidatigli, dell'andamento del settore di attività cui è preposto: il magazziniere è responsabile (o il responsabile) della conservazione e del movimento delle merci; il cassiere è responsabile (o il responsabile) delle operazioni di cassa; il funzionario responsabile, e più comunemente il o la responsabile, del settore culturale, della propaganda, degli enti locali, eccetera, nella struttura organizzativa dei partiti politici; l'ufficiale responsabile di navi in disponibilità, nella marina militare, l'ufficiale incaricato della custodia, dell'amministrazione e della disciplina di una o più navi in disponibilità. Aggettivo, che si comporta in modo riflessivo ed equilibrato, tenendo sempre consapevolmente presenti i pericoli e i danni che i proprî atti o le proprie decisioni potrebbero comportare per sé e per altri, e cercando di evitare ogni comportamento dannoso (usato assoluto, senza determinazioni, e contrapposto a irresponsabile): essere, dimostrarsi responsabile, e comportarsi, agire in modo responsabile, poco responsabile; è un bravo giovane, serio e responsabile; non puoi pretendere che siano responsabili, sono ancora dei ragazzi!". Invece, da alcuni anni, nel Parlamento italiano - e stanno arrivando anche per aiutare il Governo Conte bis, claudicante sotto i colpi di Matteo Renzi - i "responsabili" sono i voltagabbana, cioè gli opportunisti in azione. Varrebbe di più chiamarli "irresponsabili" o, se si usa responsabili, usarlo nel significato inverso a quello che loro sbandierano e cioè "responsabili di una nefandezza". In particolare cambiando posizione rispetto a quanto promesso agli elettori. Questo è successo spesso in Valle d'Aosta negli ultimi anni ed alcuni, ma senza successo, ci hanno riprovato - con funamboliche ipotesi di maggioranze - in queste ore concitate per evitare le elezioni anticipate. Che gli elettori, per favore, ne prendano buona nota e non siano smemorati. Chiara l'antifona? Un termine nobile si trova così adoperato all'inverso del suo significato e sprofonda nel brodo della vergogna e talvolta del mercimonio, come quando Silvio Berlusconi assoldò alcuni senatori alla ricerca di voti. Questi sono i comportamenti che alimentano l'antipolitica cieca ed emotiva, che poi al posto di favorire i successi di chi in grado di reagire a questo degrado, spinge i cittadini-elettori a scelte che causano un ulteriore scivolamento ancora più in basso, come se il pozzo fosse davvero senza fine. Paradosso anche questo su cui riflettere.