Si avvicinano le elezioni regionali e comunali in Valle d'Aosta, in una sequenza diabolica per certe furberie nella scelta delle date del voto, che nuocciono a un loro ordinato svolgimento. Sempre che il "coronavirus" non ci metta lo zampino ed obblighi a spostare tutto più in là per le difficoltà della campagna elettorale e del voto ai seggi con le misure di contenimento del virus. Vedremo che cosa avverrà, ma intanto vorrei fare un appello pubblico attraverso dei pensieri che considero ovvietà, ma repetita iuvant, pur sapendo che non c'è peggior sordo di chi non vuole sentire. Ho già scritto tante volte di come vada preso con le pinze (e per il bavero chi lo usa) certo retroscenismo giornalistico applicato alla politica e temo che il cammino verso le elezioni sarà lastricato da notizie e notiziole infondate e fuorvianti, che però inquinano l'ambiente e immiseriscono la già in crisi professione giornalistica, di cui ormai sono un decano e posso permettermi una moral suasion.
Non mi riferisco affatto al legittimo diritto-dovere del giornalista di raccontare degli aspetti sconosciuti al grande pubblico trafficati nelle segrete stanze, quanto alla pratica squalificante di non verificare certe notizie per appurarne la bontà. Per quel che mi riguarda, e penso valga per tutti, spesso basta solo una telefonata... Altrimenti, se non ci si attiene a quanto corretto, allora entriamo in un campo minato, che esce dai principi dell'informazione e penetra su altri terreni che nulla hanno a che fare con la serietà. Il controllo delle notizie è un vangelo per il giornalista degno di questo nome. Altrimenti al posto di essere la nobile arte di carpire retroscena diventa fuffa e pure truffa a servizio di qualcuno che tende a inquinare gli ambienti e sporcare le persone. La ragione principale, per chi non inventi di sana pianta le cose facendolo gratis o perché prezzolato apposta, è che spesso certe presunte rivelazioni sono semplici "polpette avvelenate", servite da avversari politici e costruire ormai ad arte nella catena delle "fake news". Si tratta della versione digitale dell'antico vizio del dileggio, della calunnia, dello sputtanamento, modi di comportarsi che piegano a verte utilità la realtà, rendendola menzogna credibile per chi ci caschi. Chi si presta a queste prodezze ed alla loro ripetizione specie con le ridondanze dei "social" o è complice di chi li fabbrica o ne cade vittima per ingenuità, facendosi a sua volta strumentalizzare in una "catena di Sant'Antonio" davvero misera. Ci vorrebbe, al di là della deontologia e di regole morali basiche, una sorta di patto di ferro che eviti che tutto finisca in un sorta di guerra con armi illegali e colpi sotto la cintura. Sarò pure un illuso, ma non smetto di sperare che un generale buonsenso consenta campagne elettorali serene senza trappole e scivolamenti che peggiorino ancora la reputazione assai dubbia di politica e politici. Sappiamo bene che non c'è bisogno di scendere ancora più in basso.