L'altro giorno un bravo produttore televisivo mi ha proposto di filmare con il drone i grandi monumenti storici, come l'Arco di Augusto di Aosta, in questi giorni in cui si stagliano senza persone e senza auto nella loro solitudine da coprifuoco. Ho risposto d'istinto di no, perché in questa assenza di umanità non c'è nessuna bellezza. Questi paesi fantasma mettono angoscia e tristezza ed il confinamento forzoso mi impedisce persino di godere di questa nostra sfavillante montagna alpina, quasi beffarda in questo inizio di primavera, vista dal balcone di casa. Il deserto fisico causato dal virus che è nominato come un robot di "Guerre Stellari", "covid-19", purtroppo non è solo la pena da scontare, così come avviene con questi arresti domiciliari, ma il deserto è dentro di noi.
Non c'è mezzo digitale che ci restituisca la nostra normalità, fatta di lavoro, di svago, di sport, di viaggi da organizzare e di tutto quello che nella esistenza costruitasi nel tempo fa parte integrante della nostra vita (tipo la laurea di mio figlio Laurent, la casa da trovare per Eugénie che studierà a Venezia, la comunione di Alexis). Possiamo fingere nervi saldi e comprensione degli eventi, ma quel senso di vuoto è come un'ansia che rosica dentro di noi, alimentata da molte incertezze. La prima riguarda questa malattia che sembra un gioco d'azzardo e, al di là delle troppe "fake news" che circolano originate da stupidì patentati e da cospiratori prezzolati, ci sono storie che non tornano. Tipo: "colpisce gli anziani ma...", "le donne comunque sono meno colpite però...", "i bambini rischiano meno il contagio tuttavia...", "chi ha il gruppo sanguigno "0" ha meno possibilità di ammalarsi a condizione che...". Aggiungete tutte le storie sui comportamenti del maledetto virus, ad esempio sulla sua sopravvivenza in ambiente esterno e dove ce lo possiamo prendere, per non dire di quando entra dentro di noi e si installa per vivere e riprodursi, e le diverse teorie sui sui comportamenti e mutamenti ed anche il più equilibrato fra di noi si trova senza certezze esatte, dopo una vita intera fatta di logiche illuministiche! Poi seguono le conferenze stampa a tutti i livelli in cui politici e tecnici ci spiegano che non ci sono mascherine e protezioni, che mancano tamponi e reagenti, che non ci sono medicinali essenziali come certi antidolorifici, che mancano espiratori appositi nelle rianimazioni. Addirittura in Valle d'Aosta si annunciano censimenti sulle scorte di cibo e carburanti! Certi decisori li si sente dire - alcuni pure con voci tremebonde - che comunque le carenze materiali sanitari capitano ovunque (e non è mai in casi così "mal comune, mezzo gaudio") e ti vien voglia di caricare i tuoi cari su di una macchina e fuggire se ci fosse un posto dove andare. Intanto gli stranieri del calcio dorato se la filano davvero con gli aerei privati nottetempo, altro che #staiacasa... Sarà pure la rappresentazione di una realtà in cui - aggiungo alla lista - medici e personale sanitario fanno i salti mortali in ospedali con pochi posti letto che, come ci spiegavano, doveva essere per adeguarci ai nuovi standard, ma tutto questo nel cervello gira e rigira non certo aiutandoci a quella reazione necessaria, non fatta solo dai simpatici "flash mob", che alla decima iniziativa incominciano pure a stufarci, perché sembrano l'orchestra che suonava mentre il "Titanic" affondava nelle gelide acque dell'Atlantico. Aggiungerei infine a questo plaidoyer sconclusionato l'importanza del tempo e della razionalità. Si fissano date - tipo il 3 aprile - che sono palesemente irrealistiche e si attende per dire dell'ovvia proroga chissà cosa, si giochicchia sul calendario scolastico senza dire quanto si è già deciso, si dice che ci dovremo abituare ad un prevalente lavoro domestico ma non si lavora per modalità che lo rendano davvero efficace. E' irrazionale non sapere cosa ci aspetta ed intanto nei Parlamenti di tutta Europa c'è chi dice, immagino più informato di me, «sei mesi», «un anno» e persino «due anni»! Una fisarmonica di tempo, analoga alle dichiarazioni sulla speranza di avere un vaccino contro questo virus che sconvolge le nostre vite e che viene dato, secondo le fonti, come imminente o distante, che non è la stessa cosa. Anche perché sul punto io aspetto a pie' fermo i "noVax"! Meglio sarebbe dire: «non sappiamo bene cosa avverrà e navighiamo a vista con questa epidemia, che prima o poi finirà». Già la vita quotidiana è sconvolta ed abbiamo pure la paura di prenderci una forma perniciosa della malattia e andarsene così - porco cane! - sarebbe una fregatura, ma vorremmo tutti essere considerati persone adulte a cui dire, per quanto possibile, qualche cosa di certo o almeno di probabile con cui colmare il vuoto dentro di noi. Nella speranza, come scriveva Dante nella "Divina Commedia", «E quindi uscimmo a riveder le stelle».