Nel solco delle legittime manifestazioni antirazziste di questi giorni (che vanno bene se non c'è violenza e non assumono carattere rituale), si abbattono al suolo di nuovo le statue di Cristoforo Colombo negli Stati Uniti e il fenomeno pare investire anche alcune città europee con personaggi analogamente messi all'indice. Siamo al "politicamente corretto" che dovrà ripulire - nelle intenzioni di alcuni - l'intitolazione delle strade, delle piazze e appunto delle statue. Scriveva giorni fa il grande Mattia Feltri su "La Stampa" dell'iniziativa del sindaco di Londra: «noi separeremo il male dal bene, e senza i funambolismi dell'alchimia, ma con una task force. Non quella di Colao, ma una voluta da Sadiq Kahn, sindaco di Londra, su sprone dei milioni e milioni di puri che straordinariamente popolano il nostro tempo. La task force censirà le statue della città per stabilire se i celebrati sono degni della celebrazione».
«Per esempio - scrive ancora Feltri - la sorte di Edward Colston è segnata dopo che l'altro giorno i manifestanti ne hanno abbattuto il monumento. Colston, vissuto fra il Seicento e il Settecento, dovette parte dei magnifici guadagni alla tratta degli schiavi, e fu immortalato nel bronzo per aver devoluto una fortuna ai poveri, molti dei quali affollarono il suo memorabile funerale. Vista l'aria ci si potrebbe giusto appellare alla clemenza della corte, che applica la morale di oggi a uomini di ieri. E così è fantastico, qualunque scemotto può alzarsi la mattina e dire che Winston Churchill era un mascalzone, e infatti i cortei della rettitudine sono corsi sotto la sua statua per ricordare a vernice che era un colonialista e razzista (ci sono antifascisti che combattevano Hitler e antifascisti che combattono sculture). Poi hanno inscenato la medesima sarabanda con quella di Gandhi, che da giovane avvocato definì gli indigeni sudafricani dei selvaggi un gradino sopra le bestie. E va bene, buttiamo giù persino Gandhi, poi, buttato giù lui, non ci resterà più nessuno da innalzare. Tantomeno noi stessi». Segnalo, a completamento, che analogo movimento riguarda in Belgio le statue di Léopold II per le pessime vicende coloniali di cui fu protagonista in Congo. E in Italia spunta analoga richiesta a Milano per Indro Montanelli, risalente al 1936 per un contratto matrimoniale con una giovane abissina, da lui ben spiegato e che dovrebbe valergli per gli accusatori il pubblico oblio. Da noi ricordo quando il deputato francese di origine valdostana Parfait Jans segnalava come l'Arco d'Augusto ad Aosta celebrasse, in modo scorretto, la vittoria di Roma sui poveri Salassi o come lui stesso richiedesse l'abbattimento della lupa in piazza della Repubblica nella stessa città, che fu innalzata in epoca fascista, guardando con sfida verso il confine francese. Il "politicamente corretto" sfocia spesso nel grottesco: nessuno nega che ricordare i nativi e gli orrori dei "conquistadores" a vario titolo sia un bene, ma farlo cancellando Colombo è ridicolo. Barack Obama nel 2015, quando già soffiava il vento anticolombiano, che oggi soffia di nuovo, osservò acutamente: «L'avventura di Colombo riflette la sete insaziabile di esplorazione che continua a guidare noi come popolo». Morto e sepolto Colombo, non è che gli "americani" siano stati molto più generosi, in epoche ben più recenti quando i diritti umani esistevano già in Costituzioni scritte, con i nativi americani sterminati. Ha ragione Massimo Teodori: «L'uso politico della storia è una distorsione della realtà che ha prodotto tanti guai nella formazione delle nuove generazioni, anche della sua parte più acculturata. Ora questo nuovo vezzo contro i simboli di un passato che non ci piace si va diffondendo anche in Italia aggiungendo pregiudizi a pregiudizi, con il bel risultato che i loro interpreti hanno conquistato la maggioranza relativa in parlamento». Da anni negli States c'è chi attacca non solo la figura di Colombo, ma se la piglia con il "Columbus Day", previsto per il secondo lunedì del mese di ottobre proprio per festeggiare Cristoforo Colombo e la sua scoperta del Nuovo Mondo, che avvenne ai Caraibi. Un'occasione di autocelebrazione per gli italo-americani che usano la scoperta di Colombo, ma anche per parte della comunità ispanica che rivendica un infondato Colombo "spagnolo" e non genovese (chiamare "italiano" un uomo come lui a cavallo fra Quattrocento e Cinquecento fa sorridere). La prima celebrazione di questa festa negli Stati Uniti risale al 12 ottobre 1792, quando la "Compagnia di St. Tammany" (più nota come "Columbian Order") organizzò una serie di festeggiamenti per commemorare il trecentesimo anniversario della scoperta dell'America e da lì non ci si è mai fermati, se non ora che nasce un imbarazzo postumo che fa ridere negli Stati Uniti attuali. Ho letto da allora parecchio su Colombo, che aveva rapporti con la famiglia Caveri a Genova, e certo emerge una personalità discutibile dai comportamenti violenti e crudeli nel rapporto con gli indigeni delle terre conquistate e fu proprio lui ad avviare la prima forma di tratta degli schiavi. Insomma: ben diverso dall'immagine iconografica esaltante che la scuola imponeva ai miei tempi. Lo storico Bill Bigelow in un suo saggio smonta il mito di Colombo, che a suo avviso «impedisce ai bambini di sviluppare attitudini democratiche, multiculturali e anti-razziste. Nei libri di scuola per bambini, il viaggio di Colombo verso il Nuovo Mondo è descritto come una grande avventura, un'impresa coraggiosa compiuta da uno dei migliori esploratori di tutti i tempi. Eppure, dietro a questo ritratto, si nasconde una cruda realtà. Colombo considerava l'America come una sorta di bene immobiliare e non gli importava nulla delle persone che vivevano lì prima del suo arrivo. Quando Colombo aveva bisogno di traduttori, li rapiva. Quando i suoi uomini volevano le donne, le rendeva schiave sessuali. Quando gli indigeni provavano a resistere, Colombo li torturava». Giustissimo ricordarlo, ma se si incominciano ad estirpare statue e mutare il nome delle vie, operando censure ex post si va nella giusta direzione? Non è più sensato spiegare il significato e lasciare quei simboli che servono proprio a far capire cosa avvenne? Dubito seriamente che operazioni come queste di sparizione per ignominia abbiano senso: semmai si tratta - contro gli eccessi retorici e mitizzazione di un uomo con evidenti lati oscuri - di ricentrare nei programmi scolastici la figura di Cristoforo Colombo e di chiunque altro si voglia riposizionare con il necessario equilibrio, ma senza farne un mostro su cui caricare tutti i misfatti. Sarebbe un'operazione revisionistica antistorica.