Sono stato in Liguria qualche giorno fa e mi sono sorbito il problema sempre più grave dell'accessibilità dello sbocco al mare più vicino per i valdostani. Quel giorno, per i soliti lavori tra routine ed emergenza crolli, sembrava un bollettino di guerra raggiungere Genova. La "Torino - Savona" aveva un ingorgo spaventoso, idem sulla "Genova Voltri - Gravellona Toce", per cui ho fatto la "Serravalle", che è una gimkana che chiamare «autostrada» e farla persino pagare è davvero un'impresa. Ho visto il nuovo "Ponte Morandi", nuovo davvero di zecca, dopo il crollo per il quale si aspetta il dovuto processo ed il chiarimento dei troppi "perché", ma resta ancora chiuso, perché non si sa bene chi lo debba collaudare. Una storia tutta italiana che fa orrore.
Intanto da anni (il crollo del ponte avvenne il 14 agosto del 2018) si discute - e non solo alla luce di quella tragedia - di quale destino possano avere le ricche concessioni autostradali a vantaggio in particolare di due gruppi: "Autostrade per l'Italia" dei Benetton e le restanti del "Gruppo Gavio". Anche ad un bambino dell'asilo risulta chiaro come ci siano stati problemi manutentivi gravi, lo stesso vale per gli investimenti per ammodernarle (vedi la "Sav" in Valle d'Aosta, che attende da anni la fine di lavori indispensabili) ed esiste poi tutta la zona grigia dei lavori effettuati da società in house, per non dire di Benetton che ha in mano gli "Autogrill" con una confusione di interessi. Tutto questo, come sa anche il più sprovveduto degli automobilisti, con le gabelle di tariffe che salgono all'infinito grazie a concessioni favorevoli e lunghissime, in barba al principio di concorrenza. La Valle d'Aosta spicca per pedaggi che pretenderebbero un assalto ai caselli. Naturalmente non è colpa solo dei controllati ma anche dei controllori e cioè delle diverse autorità pubbliche che dovrebbero verificare la congruità dei contratti stipulati e la loro applicazione. Tutti bravi a piangere i morti, meno ad evitare che i crolli avvengano e regolare i conti con chi ne è, intanto, responsabile moralmente. Ormai c'è pure da chiedersi quale impatto abbia la nostra Autonomia speciale su strutture come l'autostrada valdodstana ("Sav" e "Rav") e sul Traforo del Monte Bianco se i nostri rappresentanti, pur presenti nei Cda, contano alla fine come il due di picche e dunque subiscono decisioni su cui non hanno reale capacità d'influenza. Il che, a ben pensarci, è gravissimo, come denuncia in questi tempi proprio il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, che inveisce contro tutti ma conta zero. Cosa dire? Che il Governo Conte "1" e quello "2" hanno aspettato troppo tempo su cosa fare dei concessionari monopolisti e questo dimostra la girandola di interessi di certi «poteri forti», che non sono un'invenzione giornalistica, ma sanno pesare enormemente sui Governi di diverso colore. E non si tratta di demonizzare nessuno o di invocare confuse logiche anti-capitaliste, ma di chiedere chiarezza in un settore strategico come le autostrade, che non possono avere aspetti non comprensibili e soprattutto guadagni eccessivi, che pesano poi sulla schiena degli utenti. Il problema non è neanche contestare le privatizzazioni, visto che le autostrade pubbliche erano un "pozzo di San Patrizio" di soldi e clientelismo nel solco della peggior partitocrazia. E' che la privatizzazione non ha sortito efficacia ed efficienza e senza paletti chiari i concessionari hanno debordato largamente e nessuno ora sta agendo per riportare la situazione alla normalità. Il calo prospettato delle tariffe autostradali, posto così semplicemente, non solo è uno specchietto per le allodole, ma darebbe il senso - francamente disgustoso - che in passato si è lucrato sulle tratte care come il fuoco. Il Governo Conte, pur di star in piedi e con l'ormai unica giustificazione dello spauracchio di Matteo Salvini, rinvia ogni decisione delicata e lui, «Giuseppi», si prepara a manovre ardite pur di restare a Palazzo Chigi. Gli italiani in coda per andare al mare o in montagna per il caos cantieri (in Valle d'Aosta anche sulla "Statale 26") covano una crescente rabbia e non è un buon segno per le Istituzioni, colpevoli di non agire.