C'è stato un momento in cui, quando ero al Parlamento europeo, mi sembrava di essere circondato solo da colleghi che spingevano per l'ingresso della Turchia nell'Unione europea. Io restavo convinto del contrario e gli anni trascorsi da allora oggi mi confermano quanto i miei dubbi fossero fondati. Scrivevo dieci anni fa: «Sono sempre stato e resto contrario all'ingresso della Turchia nell'Unione europea. Lo sono stato quando la Turchia era davvero sulla soglia e sarebbe bastato un nonnulla per chiudere la partita e ritrovarsi i turchi cittadini europei. La contrarietà è semplice: la Turchia non è geograficamente in Europa, la sua popolazione non ha cultura europea, il precedente allargherebbe a dismisura l'Europa. Oltretutto la Turchia ha avuto atteggiamenti con il popolo curdo di palese violazione di quei diritti umani caposaldo dell'appartenenza europea».
Le cose nel frattempo sono peggiorate e comincio da una vicenda umana. Leggevo l'altro giorno quella storia agghiacciante: 238 giorni senza mangiare, rinchiusa in un carcere turco. Non ce l'ha fatta Ebru Timtik, avvocatessa che si occupava dei diritti umani e che era stata condannata a tredici anni per terrorismo. Era arrivata a pesare solo trenta chili, fanno sapere i suoi amici. Timtik voleva un processo equo, ma la sua battaglia è terminata giovedì sera, in un ospedale di Istanbul. Non è un caso isolato, ma una prassi: perseguitare i non allineati e questo ha voluto dire cacciare dalla pubblica amministrazione chi non si adegua (anzitutto i giudici) e mettere la mordicchia alla stampa libera. Da un islamismo moderato si è passati ad una controriforma islamista, cercando di cambiare in profondità un Paese che aveva scelto in passato una laicizzazione sotto la guida del famoso Atatürk, ora rinnegato lungo la strada di riforme che mirano ad una islamizzazione forzata. Anche in questo caso è eclatante ed è la scelta di Erdogan di trasformare il museo di Santa Sofia, in moschea. Si è trattato di una decisione storica che ha suscitato sconcerto in tutto il mondo; anche Papa Francesco ha voluto comunicare il suo rammarico durante i saluti al termine dell'Angelus del 12 luglio: «E il mare mi porta un po' lontano col pensiero: a Istanbul. Penso a Santa Sofia, e sono molto addolorato». Successivamente, il presidente Erdoğan: «Era il mio sogno da quando ero bambino». Ma è la presenza internazionale a turbare sempre di più con gli interventi in Siria in passato ed ora in Libia, con il ricatto all'Europa sui migranti, con le provocazioni alla Grecia sui confini mediterranei ed altre iniziative di questo genere, che mostrano il volto truce del Paese, che pure è inspiegabilmente è ancora membri della "Nato". Intanto l'economia turca sta andando a rotoli ed è anche il frutto di opere pubbliche propagandistiche ed autocelebrative. Insomma, un disastro vero e proprio e l'Europa dovrebbe non solo prendere le distanze ma fermare in qualche modo questa escalation insopportabile ai confini con l'Europa. Ha scritto pochi giorni fa sul "Corriere della Sera" Franco Venturini: «La partita italo-turca, e la credibilità reciproca, si giocano in Libia e nel futuro delle sue ricchezze energetiche. Mentre Erdogan spara volentieri e sogna una rivincita neo-ottomana, l'Italia balbetta, non crea proposte che non siano inutili conferenze, e non ha un fronte politico interno in grado di appoggiare un uso intelligente (come in verità è stato fatto a Misurata) dello strumento militare. Silvia Romano ci ha aiutati a sollevare un coperchio che la politica estera italiana preferiva tenere chiuso. Ora si tratta di affrontare quel che bolle in pentola». Già in Italia si è passati sopra questa storia grottesca della giovane per cui si è pagato un riscatto con l'aiuto della Turchia per liberarla in Africa con la triste constatazione di trovarsi in casa una militante islamica e con la beffa di considerare una conversione in prigionia come libertà di scelta religiosa. Intanto nel Mediterraneo l'Italia è sempre più ai margini e tace su Erdogan per chissà quale sudditanza o ignoranza.