Che la malattia sia un "male" lo dice la parola stessa, derivata dalla locuzione latina che definisce chi ne è vittima, "male habĭtus", cioè "che sta male". Peggio ancora quando ci si trova di fronte ad un'epidemia (diffusione rapida di una malattia contagiosa), che diventa pandemia (epidemia con tendenza a diffondersi rapidamente attraverso vastissimi territori) e che contiene quella parolina greca "dêmos", popolo, che ritroviamo anche in democrazia. In effetti questa storia del covid-19 mette assieme questi due problemi: una malattia che ha colpito senza pietà ormai da mesi,che sta facendo il giro del mondo e che in Italia sta tornando con la seconda ondata, altrettanto pericolosa. Con disillusione di chi, ancora pochi giorni fa, pensava che saremmo stati colpiti appena appena, quando invece Paesi europei simili all'Italia affrontavano già con apprensione la rinnovata emergenza sanitaria.
E la democrazia c'entra, purtroppo, perché la lotta contro il virus mette assieme l'esigenza di combatterlo con seri problemi di limitazioni delle libertà personali e questioni serie negli equilibri dei poteri per assumere certe decisioni che possono comprimere diritti costituzionali. Ne ho scritto nei mesi caldi, quando eravamo chiusi in casa con obblighi che somigliavano agli arresti domiciliari, con regole che spesso non tenevano conto nella loro generalità delle situazioni particolari e che venivano emanate con strumenti impropri senza passaggi democratici che non venivano rispettati. Giuridicamente lo "stato di eccezione", che segnala come l'emergenza possa sospendere l'equilibrio fra i poteri ed agire sulle libertà personali. E queste considerazioni non hanno nulla a che fare con il circo dei negazionisti che vanno perseguiti dalla Giustizia. Di fronte alla recrudescenza della malattia si ripropongono anche gli aspetti già ben visibili economici e sociali, perché non esiste solo la malattia da combattere, ma anche le conseguenze che già abbiamo visto con famiglie in difficoltà e imprese sul lastrico. Per non dire del capitolo delicatissimo del mondo della scuola, che con il ritorno della malattia e il comitato disposto di studenti malati e quarantene (con insegnanti in mutua ed infortunio) rischia di essere il primo disastro ad abbattersi. Ne vedo un secondo: la questione delicatissima delle microcomunità per anziani, che devono riavere protocolli stretti, altrimenti lì ci saranno di nuovo conseguenze gravissime e purtroppo mortali. Le stesse inquietudini riguardano l'equilibrio fra ospedale e territorio e la capacità di resistere alle punte di malati che potrebbero investirci. Non si può non aggiungere la sconcertante penuria di medicali contro il virus e di vaccini antinfluenzali! Il resto è prevedibile e si riavvicina così lo spettro del confinamento, come sta riavvenendo già a due passi da noi e questo - pensando solo al turismo invernale, un caposaldo della nostra economia - avrebbe conseguenze gravi e per reagire ci vuole molto denaro pubblico, essendo questo il solo sistema credibile per evitare il crack, ma sapendo come le risorse - costruite per altro su un indebitamento senza eguali - non siano infinite. Non voglio fare la "cassandra", ma non si può neppure giocare alla sottostima degli eventi possibili e per questo resta come elemento imprescindibile ridurre la diffusione della malattia ed accelerare la ricerca scientifica per avere l'atteso vaccino. Non bisogna farsi prendere da quella sorta di immobilismo e scetticismo che in America chiamano "pandemic fatigue", anch'esso effetto collaterale della pandemia.