Scrivo di getto e sull'onda di una arrabbiatura. Oggi, non avendo capito nulla di quello che ha detto Giuseppe Conte (che non ho visto in diretta, ma in registrata, perché non lo reggo più per i suoi ritardi e per un eloquio fastidioso e inconcludente), mi sono riletto le misure stabilite. Già arrivano in ritardo perché frutto di liti e compromessi e dunque in tempi indegni di un Paese civile coi propri cittadini, ma in più non se ne capisce il senso furbesco e levantino, degno di quei mercati dove la logica è la contrattazione sul prezzo. Ho guardato altri premier alla televisione che si rivolgono con chiarezza ed educazione al proprio Paese e lo fanno con raziocinio e spiegando le ragioni delle scelte. Lo fanno nei tempi giusti e con rispetto, senza pompa e retorica. In momenti di difficoltà bisogna essere essenziali e comunicativi. Conte no. Non lo è affatto. Crea disagio e persino ripulsa con quel suo modo di fare ammiccante e la totale mancanza di carisma e di rispetto.
Se penso a certe scelte insulse, che sarebbero state comprensibili se spiegate nella loro ratio, segnalo come la misura sia colma e ribolla una rabbia con cui bisognerà fare i conti. Specie se non ci sarà denaro sonante in chi, come sulle Alpi, rischia di trovarsi in miseria e con la disperazione nel cuore. Non bastano moine e sorrisini: i Paesi si governano in tempi grami e certe apparizioni tardive nella notte sono recite di basso livello. Con la Valle d'Aosta la massima interlocuzione sinora sono state minacce e ricorsi, trattandoci come selvaggi ribelli. Gran senso della politica! E lo dice chi crede nella diplomazia e nei rapporti corretti, ma con quale interlocutore?