Quante battute più o meno argute abbiamo fatto all'arrivo del 2021. Ma il soggetto non è stato tanto l'anno nuovo, quanto invece l'anno ormai passato su cui è stato persino scherzare per sdrammatizzare. Nei giorni scorsi siamo stati letteralmente sepolti da ricostruzioni di quanto è stato e di speranze per quanto sarà. Pur ottimista e convinto che passerà, preferisco per ora guardare al passato e non azzardare sul futuro. Mi è molto piaciuto leggere nelle stesse ore un interessante gioco sulle parole del 2020 e ne propongo in parte i risultati, così come pubblicati da "Vanity Fair" e da "7" del "Corriere della Sera". Comincerei da quest'ultimo. Autore è il già ministro Massimo Bray, oggi al vertice della "Treccani", che ne propone sei, che si accendono come fiammiferi alla sola pronuncia.
Si comincia con l'incombente "a distanza, in presenza", che dice Bray sono «segno della straordinaria capacità di adattamento delle persone» ed anche «segnali pregnanti della nostra umanità modificata». Segue "adrenalina", l'ormone "risorsa per azione", che ci ha fatto andare a mille nelle molte difficoltà. E poi "casa", prigione in troppe circostanze, scolpita in quel hashtag #iorestoacasa. E la parola per me amatissima: "comunità", cui seguono "fantasia" («il potere di inventare e reinventarsi») e "libertà". Bella la definizione conclusiva: «la libertà non è senza fondo, è quell'esercito quotidiano della scelta che fa emergere ogni giorno la responsabilità di esseri umani fra esseri umani». Illuminate la successiva scelta con "Next generation UE", quell'«ottimismo programmatico» con i giovani che hanno «la missione di sollevare l'Europa». Infine il condivisibile "trasparenza" inesistente nel dedalo di leggi, circolari, certificati e autocertificazioni contro «l'opacità verbale e la fumosità burocratica». Ma veniamo alla geniale costruzione di "7" dalla A alla Z, proponendo anch'essi una parola per ogni lettera dell'alfabeto sia con una personalità che ha spiccato nel 2020 che con una parola o nome chiave commentata da un esperto.
La "A" è Jacinda Arden, prima ministra neozelandese, e la parola "antropocene", l'attuale epoca geologica che come non mai è segnata dal solco di noi esseri umani. La "B" è il femminismo di Beyoncé affiancato all'uomo "Amazon" Jeff Bezos (la sua azienda ha svettato sui guai altrui nel 2020). La "C" la frizzante Raffaella Carrà per i suoi settant'anni con un'altra parola, purtroppo ridicolizzata dai "Dpcm", "congiunti"... La "D" sono i 700 anni dalla morte di Dante e poi, quasi in un calembour, appare "Dad - didattica a distanza", che dice tutto. La "E" la coriacea Elisabetta II (sto seguendo la serie televisiva "The Queen"...) con l'inquietante termine "esponenziale". La "F", in epoca di dittatura del Web, sono la coppia "Ferragnez" (Chiara Ferragni ed il marito Fedez) e il virologo ribelle con Donald Trump, Anthony Fauci. La "G" è di uno scomparso nel 2020, Gigi Proietti, ed un senso, il "gusto", la cui perdita è fra i sintomi del "Covid-19". La "H" si appiccica ad un pilota di Formula 1, icona contro il razzismo, Lewis Hamilton in coppia con "home working" (con la "h" sono stato in difficoltà), che rappresenta il "telelavoro", letteralmente esploso. La "I", altrettanto difficile, è un'altra icona, in questo caso dell'integrazione, il calciatore Zlatan Ibrahimovic, ed un'altra parola iconica, ma di un fallimento, "Immuni", la sfortunata app. La "J" corrisponde alla tetra "jihad" con la tragica decapitazione del professore francese Samuel Paty, assieme, difficile connubio, a "jogging", uno dei segni di mancanza di libertà durante il confinamento. Apparentemente improba la "K", ma aiuta Kamala Harris, prima vice Presidente USA, accompagnata da "fattore K", che punta il dito sugli asintomatici che diffondono il virus. C'è più la "L" di Liverpool in ricordo dei "Beatles" assieme all'anglicismo più usato: "lockdown". Segue, quasi obbligatorio, Maradona assieme a Merkel (semestre tedesco assai fruttuoso) con la "M" che colpisce anche con "mascherine". "N" ricorda il tentato assassinio del leader contro Vladimir Putin, Aleksej Navalny, ed un male che si afferma, non solo attorno alla pandemia, che è il "negazionismo". Torna con la "O" un personaggio decisivo per le elezioni americane Barack Obama ed il terribilmente evocatorio "ossigeno", che è ormai nella memoria collettiva con i sintomi della malattia. Di moda la "P" con l'attore transessuale Elliot Page ed il paradosso della parola "positivo", che da termine gioioso diventa con il tampone segno della presenza della malattia. La "Q" e con "QAnon", la sigla del più vasto movimento complottista del mondo, segno dei tempi, con il nome, di David Quammen, autore che in un libro annunciò la pandemia. La "R" ricorda Silvia Romano, rapita in Africa dagli islamisti e divenuta islamica una volta liberata, mentre l'altra "R" è "Raffaello", la prima mostra al Quirinale dopo la prima ondata. Fa impressione con la "S" mettere assieme la giovane speranza sudtirolese del tennis, Jannik Sinner, con la parola simbolo delle nostre paure "saturimetro". La "T" è il social dei giovanissimi, "Tik Tok", e di un fenomeno in uscita in quest'ora, il "trumpismo". Sulla "U" i redattori si sono arrampicati sulla moda del riciclo "upcycling" e un nome: Ugur Sahin, il turco figlio di immigrati che ha sviluppato il vaccino. La "V" e la morte dell'attrice centenaria Franca Valeri e delle grandi star dell'epoca, i "virologi". La "W" è il ricordo del giovane Willi Monteiro, ragazzo diventato eroe perché ucciso da bulli razzisti, assieme al nome di quella città cinese "Wuhan", che ci risuona ancora nelle orecchie. "Space X" è la "X" che grazie al geniale Elon Musk sfreccia nello spazio ed è "X" anche "Xanax", simbolo della depressione che serpeggia per via dell'epidemia e delle sue ansie e privazioni. "Y" è "yoga" (penso per mancanza di alternative) con il "cromosoma Y" che arriva dai Neanderthal e che peggiora la malattia nei pazienti. La "Z" è un altro uomo simbolo, Alex Zanardi, affiancato al software "zoom", una delle tecnologie di videoconferenze. Termina l'elenco l'estemporaneo "007" Sean Connery, grande scozzese scomparso da poco, che passò - questo lo aggiungo io - anche in Valle d'Aosta nel 1962 e vinse 27 milioni al tavolo da gioco.