Ogni anno è punteggiato da appuntamenti che sono, nella loro ripetitività, del tutto rassicuranti, come fossero dei traguardi fissi nel percorso della nostra vita. Per me, ad esempio, si comincia normalmente in queste settimane con, all'inizio di gennaio, la presentazione dei due personaggi del Carnevale di Verrès, mio paese natale. Ogni anno ci sono una Catherine de Challant ed un Pierre d'Introd diversi, che entrano nei panni di queste figure quattrocentesche che abitarono il castello-fortezza che domina il paese. L'anno scorso per un pelo la manifestazione rischiò di essere bloccata, quest'anno lo è, come gli altri carnevali valdostani. Cambio scenario: il 30 e il 31 gennaio sono invece le date canoniche e fisse della "Foire de Saint-Ours", la grande fiera dell'artigianato valdostano, autentico bagno di folla, di gran lunga il momento più partecipato che ci sia in Valle.
Ebbene, anche in questo caso la kermesse venne graziata lo scorso anno dal virus, mentre quest'anno ci sarà solo un'edizione on line e dunque neanche lontana parente dell'originale. Ora, pur non avendo alcuna responsabilità, né sul Carnevale né sulla "Sant'Orso" vorrei dire come la penso sulla base di una certa esperienza accumulata in questi anni. Il Carnevale verrezziese, di cui un anno stato anche Conte e che seguo da bambino (mia mamma fu Contessa nel 1958!), dovrà probabilmente negli anni a venire, tenendo conto della coda che per un certo periodo cambierà le nostre abitudini anche ad epidemia liquidata, avere delle novità che certo debbono discutere gli organizzatori e non certo il sottoscritto. Ma è vero che oggi logiche future di "pigia pigia" (oggi "assembramenti") muteranno lo scenario e forse l'occasione può servire per fare dei cambiamenti, per evitare di fare sempre le stesse cose, mentre il resto attorno a noi muta. Questa logica della discontinuità - trovo orribile quando sento dire «si è sempre fatto così!» - potrebbe risultare preziosa anche per la "Saint-Ours", il cui "gigantismo concentrato" ha creato problemi crescenti. So quanto sia difficile cambiare le abitudini e aprire fasi nuove con le opposizioni di chi fa delle tradizioni un feticcio, anche quando le cose non vanno, ma il "post-covid" sarà un momento che dovrà essere affrontato anche per cambiare registro. Ho citato due momenti simbolo, nel mio piccolo. Ma credo che ciò valga per molte altre cose. Ci sono nella nostra vita tanti aspetti che davamo per assodate e che ora ci mancano terribilmente. Ce ne sono altre, e nel mio caso parecchie, che considero ormai incrostazioni, cascame di cui si può fare a meno. Quando al centro della nostra esistenza abbiamo avuto l'incertezza ed anche le paure, ci siamo resi conto di quanto sia importante e decisivo e quanto no. Ma soprattutto delle cose che possiamo legittimamente cambiare con uno degli strumenti più potenti che spesso smettiamo di adoperare: l'immaginazione.