Rinvengo questa frase del Mahatma Gandhi che dice: «Il passato ci appartiene, ma noi non apparteniamo al passato: noi siamo del presente. Costruiamo il futuro, ma non siamo del futuro». E ciò è capitato poco prima di una videoconferenza con una classe di Liceo sull'Unione europea. Racconto la mia esperienza, noto dai visi sullo schermo l'interesse in certi passaggi storici e su certe riflessioni fra aneddotica e racconti di vita. Strano questo rapporto con il video in cui finiamo rappresentati come figurine dei calciatori, però è vero che scruti le facce dei tuoi interlocutori come mai potresti dal vivo. E se parlare agli altri dovrebbe essere sempre socialità, è altrettanto vero che esiste comunque una vicinanza, che si coglie in dettaglio da quello specchio dell'anima che è il nostro volto. Non invidio la loro giovinezza, perché essa fa parte di quel che sono oggi, ma sento come un dovere profondo di essere rispettoso nel raccontare le cose, perché siano strumenti utili nelle loro mani per formarsi la loro opinione e costruire la loro strada.
Dico loro la verità e cioè della fortuna di avere fatto tante esperienze e di aver conosciute tante persone migliori di me da cui ho cercato di "rubare" pensieri, idee, comportamenti e conoscenze, facendo di tutto questo un carico da mettere nel mio zaino per avere poi un approccio mio alle cose. Non è un bagaglio che tengo chiuso, ma quando riesco ad aprirlo e disvelarne i contenuti è sempre una gioia, sperando che davvero possa servire. Le domande successive sono interessanti e ficcanti. Dimostrano, se mai ce ne fosse bisogno, quanto sia importante il dialogo e quanto lo sia a maggior ragione farlo con le giovani generazioni. Noto come un balsamo la voglia di apprendere e di capire e di come la storia, che sia personale o generale, li possa appassionare, se fatta non solo di nozionismo ma di contesti che consentano di vivere il passato come elemento costitutivo di quello che siamo. Ha scritto Claudio Magris, scrittore davvero frutto di un'antica cultura mitteleuropea: «La vita può essere compresa solo guardando indietro, anche se dev'essere vissuta guardando avanti - ossia verso qualcosa che non esiste». Questo vuol dire naturalmente interpretare, ora e in questo momento, quanto avvenne con la chiave di lettura che ci serve. Non un mero ricordo ma un impulso che ci fa spingere sull'acceleratore per costruire il futuro. Ed io lo vedo il futuro in questi giovani, come ne ho visti tanti da quando mi occupo di politica - e sono ormai 34 anni - ed ormai in molti casi posso misurare, nel tempo trascorso, quale sia stato il percorso di alcuni di loro nella differenza fra le loro speranze di un tempo e quello che è avvenuto. Come sempre capita c'è chi certi traguardi li ha raggiunti e chi no e questo è avvenuto per le circostanze della vita e non solo per la capacità personali che c'erano in partenza. Certo contano le storie personali, ma cerca sempre di spiegare, quando posso come appunto per il processo di integrazione europea, di come le idee sarà vero che si muovono con le gambe di noi uomini e spesso ci sono personalità decisive perché queste si sviluppino, ma esiste anche un moto collettivo che si sviluppa di generazione in generazione. Non è, come si pensa con ingenuità, che sia un cammino agevole in perpetua crescita e proprio i precedenti della Storia ci ammoniscono su come brusche frenate e drammatici arretramenti non sono per nulla impossibili.