Bisogna essere molto attenti in questa fase storica sui diversi scenari che si stanno creando. In un momento oscuro, si cominciano a vedere barlumi fatti di opportunità ed i posizionamenti non sono banali per essere al posto giusto nel momento giusto. Capiremo meglio tra qualche giorno, vale a dire nella fase operativa vera e propria, la storia dei "ristori" in favore della montagna, così come decisi da Roma. Non è un tema per nulla banale: continuo a pensare che la chiusura degli impianti a fune sia stata una misura estrema e sbagliata. I danni derivanti sono enormi e solo denaro sonante potrà rimediare a quanto avvenuto ed anche la nostra Valle non avrebbe la potenza di fuoco per coprire tutto. Per altro certe logiche nelle aperture appena programmate restano gravemente lesive per la Valle. Penso alla possibilità di uso dei dehors problematica in una primavera per ora glaciale o al mantenimento del coprifuoco che risulta illogico nella chiave di un riavvio.
Ora, comunque sia, bisogna programmare almeno tre cose. La prima è più politica che mai e riguarda una riflessione profonda fra i decisori delle zone di montagna, in primis le Alpi, per capire come il peso politico debba aumentare. E' ovvio, infatti, che è mancata una reale capacità di incidere sulla politica nazionale, che è rimasta sorda per mesi e ancora oggi dà l'impressione di avere una profonda incomprensione. La particolarità dei territori e della loro economia, così come del tessuto sociale e persino culturale, non è stata rispettata e persino capita. Persino le Autonomie speciali sono state messe all'angolo e noi valdostani lo sappiamo bene con la sonora bocciatura della nostra legge regionale anti-covid, che sarebbe servita per armonizzare le norme nazionali alle nostre particolari condizioni, in ossequio allo Statuto speciale. Quanto avvenuto in particolare per noi è in generale per l'Arco alpino non dovrà mai più ripetersi e per questo come non mai bisogna far sistema e nel post pandemia necessita un esame di coscienza e un'azione comune per il futuro. Ho passato la mia vita in Italia e poi in Europa, oltreché credendo al ruolo motore della nostra piccola Regione, a spingere questa necessità di esserci e di farci capire. Il primo banco di prova sarà il "Recovery Fund" e lo spazio che verrà dato alla montagna e lo stesso per i prossimi fondi comunitari e non si può accettare che la montagna venga dilavata nella nozione inadatta di "aree interne". Le zone di montagna sono definite nella politica di coesione europea e come tali necessitano di una politica propria appositamente mirata e non mischiata con quel che non c'entra. La seconda considerazione e che l'estate va considerata un'indispensabile priorità per la ripartenza. Già lo scorso anno fu possibile apprezzare una grande richiesta per le zone montane e questo effetto può essere migliorato quest'anno, sapendo che per molti che vennero per necessità la "scoperta" è risultata piacevole, dando nuova linfa ad una stagione in crisi da anni. Infine, come terzo punto, la prossima stagione invernale dev'essere una riscossa e, se anche si dovesse convivere con una qualche riviviscenza del virus, bisogna essere pronti a regolare bene le misure di accoglienza e di sicurezza. I famosi protocolli per lo sci vanno rafforzati assieme ad un'offerta ancora più varia per attirare i turisti sulle Alpi in inverno. Ben sapendo che il cambiamento climatico porterà grandi novità, anche in negativo, e al posto di chi fa catastrofismo e pensa a manovre azzardare nell'immediato bisogna semplicemente programmare il da farsi, cercando nuove opportunità in uno scenario naturale che in montagna muta da sempre.