Muoiono due giovani donne nel cuore dell'estate per assideramento ai 4.000 metri della Pyramide Vincent, non molto distante dal bivacco "Felice Giordano" e dalla base dei soccorritori italo-svizzeri, il rifugio "Città di Mantova", che hanno salvato il solo terzo componente della cordata. Per chiunque legga questa notizia, se non conosce le insidie delle alte vette, può esserci un evidente sconcerto nel chiedersi come possano avvenire tragedie di questo genere, specie con persone che pare fossero avvezze ai rischi dell'alpinismo a quelle quote. Eppure è successo perché quelle quote portano con sé situazioni e condizioni letali. E ci si domanda legittimamente come sia possibile che ciò avvenga con le previsioni meteo, che oggi consentono con ampio anticipo di sapere che tempo potrà fare con buona approssimazione sulle nostre montagne. E anche nuove tecnologie utili per un'alleata rapidissimo. Forse, ma è solo un'ipotesi di fronte a troppe morti che colpiscono professionisti o conoscitori del mondo della montagna, esiste sempre il retropensiero che proprio la velocità dei soccorsi può spingere più in là la soglia del rischio e risolvere situazioni delicate. In questo caso, per esempio, l'epilogo non sarebbe stato tragico se solo le condizioni proibitive non avessero impedito agli elicotteri valdostani e svizzeri di poter soccorrere in tempo i malcapitati. Purtroppo le squadre da terra non hanno fatto in tempo ad evitare il dramma e non resta per i cronisti che raccontare i fatti e aggiungere altre due persone, Martina e Paola, alle cronache di un'estate con troppi morti in montagna.