I nemici della vaccinazione obbligatoria contro il "covid-19" - lo dico seguendo il dibattito in Italia come in Francia - si rinvengono in gran numero nell'estrema destra e nell'estrema sinistra. In queste frange ci si indigna per la libertà, nient'altro che la libertà e lo si fa anche in un momento in cui la "variante delta" ci spinge verso orizzonti cupi. Fra le protagoniste di queste tendenze c'è Giorgia Meloni, che se la piglia con il Presidente francese Emmanuel Macron e le sue regole più stringenti, che hanno spinto i francesi a precipitarsi a farsi vaccinare perché chi non lo è viene penalizzato in vario modo. Provocatorio il racconto che ne fa "Open" che qui trascrivo: "«L'idea di utilizzare il "green pass" per poter partecipare alla vita sociale è raggelante, è l'ultimo passo verso la realizzazione di una società orwelliana». Giorgia Meloni si scaglia contro l'obbligo di vaccinazione anti-covid. In un post su "Twitter" la definisce «una follia anticostituzionale che Fratelli d'Italia respinge con forza»".
"E poi spiega che tutto ha a che fare con la cosiddetta «libertà individuale che per lei e il suo partito è sacra e inviolabile» si legge ancora - Immediata la reazione di Roberto Burioni che, appellandosi a qualche cenno storico, le ricorda che «la prima vaccinazione moderna obbligatoria in Italia risale al 1939». E cioè quando al governo, come presidente del Consiglio, c'era Benito Mussolini. La battaglia della leader di FdI «non la capisco e non c'entra niente con la sua storia», scrive il virologo. Una battaglia che garantirebbe al virus «la libertà di uccidere, rovinarci la vita, fare chiudere le scuole, distruggere l'economia»". Serissima, invece, la reprimenda di Corrado Augias su "La Repubblica", indirizzata alla Meloni, ma lo potrebbe essere anche al comunistissimo Jean-Luc Mélenchon, che in Francia dice le stesse cose, dimostrando che gli estremi si toccano. Magistrale Augias: «Con l'innocenza di chi non sa misurare esattamente la portata del tema che va agitando, l'onorevole Giorgia Meloni ha rivendicato nei giorni scorsi la libertà "sacra e inviolabile" degli individui contro possibili imposizioni dello Stato in materia sanitaria. L'obiezione immediata, di polemica spicciola, potrebbe essere che certe raccomandazioni sarebbe meglio rivolgerle al suo sodale Viktor Orbán, per esempio, sostenitore della democrazia illiberale (contradictio in terminis). Il tema però è più importante di una piccola polemica politica, riguarda uno degli elementi di fondo della convivenza civile, non a caso dibattuto per secoli, vale a dire: dove si collochi il confine tra la libertà dei singoli e l'autotutela della collettività. I romani lo avevano condensato in una serie di brocardi di fulminante efficacia: "Sub Lege Libertas", "Dura Lex sed Lex". Marco Tullio Cicerone lo sviluppa nella famosa sentenza: "Legum servi sumus ut liberi esse possimus". "Siamo servi delle leggi per poter essere liberi". Trovata retorica da grande scrittore (tra l'altro), rovescia il concetto di servitù in quello opposto di libertà». Così prosegue più avanti: «L'articolo 32 della Costituzione stabilisce che la salute è un "diritto dell'individuo" ma anche un "interesse della collettività". La ragione di questo duplice aspetto per un bene primario come la salute è ovvia: la salute della popolazione riguarda il benessere degli individui ma, più in generale, rientra negli interessi collettivi. Su questa base giuridica poggia la giustificazione di trattamenti sanitari obbligatori quando la gravità della situazione lo giustifichi e un atto legislativo li renda legittimi. La stessa giurisprudenza della Corte Costituzionale è stata, sull'obbligatorietà vaccinale, costante ancora prima che scoppiasse la pandemia». Ma Augias aggiunge una stoccata finale: «Per salire ancora di livello, c'è un testo fondamentale che bisognerebbe avere presente quando si discute di questi argomenti e si vogliono evitare approssimazioni e slogan da comizio. E' il "Saggio sulla Libertà" ("On Liberty") di John Stuart Mill (1806-1873), manifesto d'ogni civile convivenza per una società liberale. Nel testo originale la definizione di libertà ha un timbro che ricorda l'icasticità latina: "The only freedom which deserves the name, is that of pursuing our own good in our own way, so long as we do not attempt to deprive others of theirs, or impede their efforts to obtain it". "L'unica libertà che meriti questo nome, è quella di ricercare il proprio bene a proprio modo nella misura in cui non si cerchi di privarne altri o di ostacolare i loro sforzi per ottenerla"». Applausi vaccinisti.